World Cancer Day 2023: l’oncologia italiana si interroga
- Cristina Ferrario
- Uniflash
“Colmare il gap sulla cura - Tutti meritano l'accesso alla cura del cancro”. Il tema della Giornata Mondiale contro il Cancro, celebrata anche quest’anno il 4 febbraio, accende i riflettori sull’equità e sull’eliminazione delle tante differenze evitabili nella cura.
“Oggi chi sei e dove vivi può fare la differenza tra la vita e la morte. Non è giusto. Ma possiamo cambiare la situazione” si legge sul sito ufficiale della giornata, dove vengono riportati numerosi dati che fanno riflettere. Negli Stati Uniti la sopravvivenza a 5 anni per tumore della cervice è del 71% per le donne bianche e del 58% in quelle di colore; gli esiti oncologici sono diversi a seconda che il paziente viva in un’area rurale o in una urbana, anche in paesi ricchi come gli Stati Uniti. Inoltre, i numeri degli screening oncologici sono inferiori tra le persone transgender rispetto al resto della popolazione, anche a causa dell’atteggiamento discriminatorio dei professionisti della salute.
Questi numeri dicono che, a differenza di quanto si potrebbe pensare, le disparità nella cura non riguardano solo i paesi a basso o medio reddito, ma anche le nazioni più ricche, inclusa l’Italia.
In occasione del World Cancer Day 2023, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e Fondazione AIOM hanno organizzato due incontri nei quali medici, istituzioni e pazienti si sono confrontati per fare il punto sulla situazione in Italia e per identificare soluzioni utili a colmare i gap nella cura anche nel Bel Paese.
Si parte dai numeri: focus sugli screening
Nel mondo ogni anno si verificano circa 10 milioni di decessi legati al cancro. In Europa il 32% dei decessi oncologici negli uomini e il 16% nelle donne si associano a fattori socioeconomici, primi tra tutti i bassi livelli di istruzione e di reddito.
“Quella indicata nel tema della Giornata Mondiale contro il Cancro rappresenta una delle sfide più urgenti dell’oncologia di oggi, con un approccio a 360 gradi al paziente oncologico. Abbiamo gli strumenti per affrontare la sfida, a partire dalle reti oncologiche” ha affermato il Ministro della Salute Orazio Schillaci, sottolineando l’impegno dello stato su queste tematiche. Impegno ribadito anche da Silvio Brusaferro, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS).
Come è emerso nell’incontro organizzato da AIOM, agire sul miglioramento degli screening oncologici nazionali potrebbe aiutare a colmare il divario nell’accesso alle cure, ma i numeri italiani mostrano senza ombra di dubbio che la strada da percorrere in questo senso è ancora lunga. “Superata quasi ovunque la battuta di arresto legata alla pandemia restano ancora differenze notevoli tra le regioni” ha spiegato Paola Mantellini, dell’Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica (ISPRO), Regione Toscana, che ha parlato di una “Italia a 2 velocità” (2 e 1/2 tenendo in considerazione le regioni del centro) che vede una disomogeneità dell’offerta e una mancanza di equità. “La situazione attuale è determinata da due ordini di problemi: l’efficienza dei servizi e la consapevolezza dei cittadini” ha detto l’esperta.
Tempo di cura e medicina di territorio
Lo dice la legge: “Il tempo della comunicazione tra medico e paziente è tempo di cura” (Legge del 22 dicembre 2017 n. 219). Ma secondo i risultati di uno studio condotto in 35 centri sul territorio italiano, la durata mediana di ogni visita si attesta sui 18 minuti. “Si stima che 11 sono dedicati realmente ai pazienti e ben 16 alla burocrazia (prenotazioni esami, prescrizione impegnative, ecc)” ha affermato Rossana Berardi, membro del Direttivo Nazionale AIOM, che ha presentato i risultati dello studio, spiegando che la situazione è determinata in gran parte dalla carenza di organico e dalle limitazioni ai tetti di spesa per il personale. “Per modificare queste tempistiche si potrebbe prendere spunto da modelli in uso già in altri paesi europei e che prevedono il coinvolgimento di figure ‘intermedie’ per la gestione di tutte le procedure non strettamente legate alla pratica medica” ha aggiunto Berardi.
Se si parla di garantire l’equità nell’accesso alle cure e la presa in carico a 360 gradi del paziente oncologico, gli oncologi da soli di certo non bastano. Serve un approccio multidisciplinare a ogni singolo caso, ma soprattutto serve una medicina di territorio più forte, che possa seguire il paziente oncologico in tutte le fasi della sua malattia.
“Nell’epoca della medicina di precisione, il medico di famiglia ha ancora un ruolo di primo piano nella cura di chi ha dovuto affrontare un tumore, ma serve un dialogo a tre che coinvolga in modo più diretto anche l’oncologo” ha detto Giovanni Pietro Ianniello, consigliere comitato centrale FNOMCeO, ricordando che sebbene la quasi totalità degli italiani (96%) si fidi del proprio medico di base, per essere seguiti dopo diagnosi e trattamento di un tumore il paziente stabilisce un rapporto esclusivo con lo specialista oncologo.
“Dobbiamo fare squadra. La parola chiave è collaborazione, che si declina nella sinergia tra i professionisti, nell’integrazione tra ospedale e territorio e nella continuità delle cure” ha concluso Ianniello.
L'accesso al sito è limitato e riservato ai professionisti del settore sanitario
Hai raggiunto il massimo di visite
Registrati gratuitamente Servizio dedicato ai professionisti della salute