Vita di studente - Troppa ansia e depressione tra chi studia medicina

  • Daniela Ovadia — Agenzia Zoe
  • Attualità mediche
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di Nicolò Romano (studente di medicina)

In generale in Italia sembra esserci una certa disattenzione verso i problemi di salute mentale, che affliggono un italiano su tre, probabilmente anche a causa della pandemia di Covid-19. Questa disattenzione sembra diventare quasi cecità se esaminiamo i dati riguardanti la salute mentale degli studenti di medicina.

Spesso sugli studenti italiani ricadono responsabilità non proprie, come far fronte, in autonomia, alle carenze logistiche e didattiche delle istituzioni italiane. Questi due fattori già contribuiscono a creare un ambiente piuttosto sfavorevole all'equilibrio psicologico.

C’è un ampio campo di studi che si occupa della valutazione della salute mentale tra gli studenti, tramite indagini sul campo e questionari. Sono stati sviluppati indici psicometrici che vengono utilizzati anche in ambito lavorativo come l’ERI, Effort-Reward Imbalance, che valuta l’asimmetria tra sforzo percepito e ricompensa percepita. Strumenti come questi vengono usati per studiare quantitativamente fenomeni complessi come lo stress e il rischio di depressione nella popolazione studentesca.

Da diversi anni, ormai, è acclarato che tra gli studenti universitari depressione e disturbi d’ansia sono più diffusi che nella popolazione generale. Tra i vari sintomi di questi disturbi abbiamo carenza di energia nell’arco della giornata, scompensi emotivi, senso di oppressione e difficoltà nella gestione dello studio e dei compiti assegnati. Questo riguarda gli studenti universitari al netto di genere, estrazione sociale e indirizzo di studi.

Per quanto riguarda gli studenti di medicina la situazione è ancora peggiore, con un'incidenza della depressione che è superiore da 2 a 5 volte a quella della popolazione generale. Tutto ciò non passa inosservato tra studenti stessi, che però non sembrano ricevere sufficiente attenzione. Il quadro è preoccupante soprattutto se comparato con la situazione globale ed europea: gli studenti di medicina italiani sembrano essere colpiti molto di più dalla depressione rispetto ai coetanei europei.

Quali possono essere i fattori che portano a questo fenomeno? Personalmente penso a fattori come la distanza da casa, perché in medicina i fuorisede sono tantissimi. Essere lontani da casa significa doversi gestire autonomamente, sia nelle faccende domestiche che nello studio, motivarsi da soli, trovare un equilibrio da soli, osservarsi da soli, criticarsi e migliorarsi da soli. Inoltre le spese sono notevoli, talvolta si è costretti a lavorare mentre si studia. Questo non aiuta se si considerano il peso di esami su una gran mole di programma e i tirocini con monte ore fissati che riducono il tempo personale.

A tutto ciò si aggiunge l’ambiente molto competitivo e la selezione, già col test di ammissione, di individui che di per sé tendono ad essere perfezionisti e ambiziosi, tratti caratteriali che si ritrovano anche nei medici ormai laureati. L’università italiana sembra solo parzialmente consapevole di queste problematiche, sebbene ogni ateneo possieda uno sportello psicologico, che però serve a poco in un contesto in cui c’è moltissimo stigma (solo il 15,7% degli studenti di medicina pare usufruirne).

Far fronte a questa emergenza sanitaria richiede interventi ben più sottili e complessi dei semplici sportelli di counselling. Come cittadino e come studente di medicina vorrei che si trovasse in fretta una soluzione al problema. Non è accettabile che vi sia così tanta sofferenza e dolore, soprattutto in un percorso di studi che, per ironia della sorte, dovrebbe essere vocato alla guarigione.