Vita di studente - Pandemicene e le malattie del futuro

  • Daniela Ovadia — Agenzia Zoe
  • Attualità mediche
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di Nicolò Romano (studente di medicina)

Qualche tempo fa, sul quotidiano The Atlantic, il giornalista scientifico Ed Yong ha parlato di “pandemicene”, un termine che ricalca la nomenclatura geologica con cui si indicano le ere. Non è un termine tecnico, ma piuttosto un neologismo che vuole sottolineare la nostra entrata metaforica in un periodo in cui le pandemie diventeranno molto più probabili.

In condizioni normali, tutte le specie viventi ospitano virus, uomo incluso. Questi virus, ma potremmo anche parlare di patogeni in generale, occupano una precisa nicchia ecologica, un preciso “contesto biologico” al quale si sono adattati. Per contesto biologico si intende per esempio un organismo con le sue abitudini igieniche e di caccia, come un pipistrello, un gatto o un essere umano: comprende quindi sia l’ambiente chimico e organico “interno” all’organismo sia lo spettro dei suoi comportamenti. Per esempio il Plasmodium falciparum, patogeno responsabile della malaria, segue un preciso ciclo di sviluppo e riproduzione che si può svolgere solo tra gli organi riproduttivi di una zanzara Anopheles femmina e nei globuli rossi degli umani da lei attaccati.

Questo contesto molto specifico, in cui le condizioni di esistenza di un organismo vengono soddisfatte e rispettate, costituisce una nicchia ecologica. Non è quindi un concetto puramente geografico (osebbene possa includere variabili geografiche) ma qualcosa di più astratto e generale. Se il genere di zanzara Anopheles viene soppiantato da un altro con organi riproduttivi diversi e inadatti allo sviluppo del patogeno, ovviamente Il ciclo riproduttivo viene interrotto, la catena perde un anello e tutto si blocca. I fattori ambientali possono quindi influire pesantemente sull’ecologia delle specie viventi.

Cosa succede se i confini delle nicchie ecologiche di più specie si sovrappongono? Cosa succede se i mammiferi che normalmente hanno abitudini che non prevedono l’incontro con gli uomini, improvvisamente si ritrovano a vivere in prossimità dell’Homo sapiens? Succede che le migliaia di specie patogene di quegli organismi, precedentemente innocue per l’uomo perché “contestualizzate” diversamente, si ritroveranno a cogliere opportunità che precedentemente non avevano. Gli umani, invece, si ritrovano a dover evitare malattie nuove.

La crisi climatica sta portando alla sovrapposizione geografica degli areali di molte specie che precedentemente vivevano distanziate, le cui abitudini vengono irrimediabilmente modificate. Sta anche portando a un innalzamento di temperatura che, globalmente, sta cambiando gli habitat di molti esseri viventi, svantaggiandone alcuni alcuni e avvantaggiandone altri. Le prime avvisaglie di questo “pandemicene”, se così vogliamo chiamare il fenomeno, sono state il Covid-19 e il vaiolo delle scimmie.

In entrambi i casi si tratta, quasi certamente, di spillover, ovvero salti di specie che un patogeno compie nella prossimità e opportunità di un’altra specie ospitante. L’epidemiologia sarà messa a dura prova, come anche la nostra capacità di coesione come specie umana.

Potremmo dover abituarci a fenomeni di “pandemizzazione” in cui malattie infettive endemiche (confinate idealmente in determinati contesti) tracimano fuori dai propri confini, travolgendo la nostra serenità e ricordandoci le nostre responsabilità