Verso un vaccino contro il virus respiratorio sinciziale
- Alessia De Chiara
- Uniflash
Il vaccino sperimentale contro il virus respiratorio sinciziale RSVpreF somministrato alle donne in gravidanza è efficace e sicuro nei figli fino a 6 mesi dalla nascita contro il virus respiratorio sinciziale. È quanto conclude MATISSE, uno studio di fase 3 pubblicato su New England Journal of Medicine.
Si tratta di un virus verso cui, nonostante gli sforzi decennali, non esiste ancora un vaccino autorizzato. Colpisce soprattutto i bambini piccoli, con il 95% dei decessi associati nei paesi a basso e medio reddito, sebbene non risparmi gli adulti, in particolare se fragili o con malattia cardiopolmonare.
Un problema globale
Come ricordano i ricercatori, di recente in Europa è stato approvato l’anticorpo monoclonale nirsevimab che può essere utilizzato nei neonati durante la stagione di punta di questo virus. Tuttavia vi sono dubbi sul fatto che tale agente possa essere accessibile anche nei paesi a basso e medio reddito. “In alcune regioni, l’uso di anticorpi monoclonali è limitato alle popolazioni ad alto rischio e non esistono opzioni terapeutiche diverse dalle cure di supporto” affermano.
La vaccinazione riduce il rischio di fuga immunitaria osservata con alcuni anticorpi monoclonali. “Il trasferimento passivo di anticorpi materni può proteggere i bambini più piccoli e più vulnerabili subito dopo la nascita, prima che risposte immunitarie efficaci possano essere provocate dalla vaccinazione attiva nei neonati” scrivono i ricercatori.
Lo studio
Lo studio è stato condotto durante la stagione del virus tra il 2020 e il 2022 in 18 paesi, principalmente Stati Uniti, seguiti da Sud Africa, Argentina e Giappone. Sono state coinvolte oltre 7.300 donne incinte tra la 24esima e la 36esima settimana di gestazione con una gravidanza singola e senza rischi di complicanze, le quali sono state randomizzate a ricevere il vaccino RSVpreF (unica iniezione intramuscolare di 120 μg) o un placebo.
Lo studio ha raggiunto il criterio di successo (limite inferiore di intervallo di confidenza >20%) verso uno degli endpoint primari, dimostrando l’efficacia del vaccino nell’incidenza di malattia grave del tratto respiratorio inferiore associata a RSV tra i neonati a 180 giorni. Sono stati registrati 6 casi nel gruppo di donne vaccinate e 33 nel gruppo placebo a 90 giorni, con un’efficacia del vaccino pari all’81,8% e, rispettivamente, 19 e 62 entro 180 giorni, con un’efficacia del 69,4%.
Non è stata osservata invece significatività statistica per il secondo endpoint primario, ovvero la malattia del tratto respiratorio inferiore associata a RSV a 90 giorni dalla nascita. È stata però notata una riduzione della malattia a 180 giorni (57 casi nel gruppo vaccinato e 117 nel gruppo placebo, efficacia 51,3%), il che per gli autori indica che il vaccino conferisce una protezione dalla malattia di gravità diversa. Il criterio di successo (questa volta con un limite inferiore di intervallo di confidenza dello 0%) raggiunto anche con alcuni endpoint secondari, quali malattia a 360 giorni dalla nascita e ricovero in ospedale a 180 giorni.
È poi emerso un profilo di sicurezza e di effetti collaterali coerente con quello riscontrato negli studi di fase 1-2. Nonostante il basso numero di partecipanti, la mancanza di problemi di sicurezza ha rassicurato i ricercatori, che sottolineano come sia in corso l’analisi dei dati finali.
Come affrontare il futuro
Secondo l’autrice di un editoriale correlato, per i bambini piccoli nei Paesi a basso e medio reddito ulteriori informazioni sull’uso del vaccino RSVpreF potranno contribuire, in contesti con risorse limitate, a garantire il finanziamento e guidare il processo decisionale. “Infine, è necessaria la protezione dei neonati e dei bambini più grandi, e ciò può essere realizzato in modo più sicuro mediante lo sviluppo di altri vaccini che inducono risposte immunitarie umorali e cellulari in popolazioni che non sono state precedentemente infettate da RSV” scrive.
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