Verso un’oncologia più inclusiva per le persone transgender e gender-diverse
- Cristina Ferrario
- Uniflash
Una fotografia dettagliata dei bisogni delle persone transgender e gender-diverse (TDG) e degli ostacoli che incontrano nel loro percorso di cura oncologica, ma anche un excursus su atteggiamenti e preparazione dei medici di fronte a questo gruppo di pazienti: questo e molto altro in un articolo recentemente pubblicato su ESMO Open, che riporta i risultati di due sondaggi condotti sul personale sanitario impegnato in oncologia con persone TGD.
“L’idea di proporre uno studio dedicato alla popolazione TGD è nata dall‘esperienza di alcuni di noi nel trattare pazienti transgender” spiega Alberto Giovanni Leone, dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, primo autore dell’articolo. “La sensazione di spiazzamento nel non sentirsi adeguatamente formati come medici e oncologi per dare tutte le risposte al/alla paziente è stato il primum movens. Il mio mentore, Filippo Pietrantonio, ha portato la questione all’attenzione del direttivo dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e del presidente Saverio Cinieri, straordinari nel supportarci fin dal primo momento fornendoci tutti gli strumenti e le risorse essenziali per avviare il nostro lavoro di ricerca” aggiunge, ricordando che il lavoro fa parte del progetto AIOM ‘OncoGender - promuovere l’inclusione in oncologia’.
Due sondaggi per un quadro completo
Per valutare il punto di vista sia degli operatori sanitari in oncologia sia delle persone TGD, i ricercatori hanno creato due sondaggi nazionali distribuiti attraverso e-mail a tutti i membri AIOM e alle persone TGD mediante gruppi di advocacy.
In totale, hanno partecipato al sondaggio 305 operatori sanitari (13% dei membri AIOM) e 190 persone TGD. “Nonostante la percentuale (13%) possa sembrare non entusiasmante, il numero assoluto di partecipanti (305) è stato uno dei più alti di sempre nei sondaggi lanciati da AIOM, a dimostrare un interesse molto spiccato della comunità oncologica italiana verso questo tema. Il numero di partecipanti è risultato il più alto d'Europa, anche in confronto a sondaggi simili condotti in altri Paesi e che hanno affrontato in senso più ampio le tematiche LGBTQIA+ in oncologia” spiega Leone.
Entrando nel dettaglio delle risposte fornite dagli operatori sanitari, solo il 19% si è definito competente nel fornire cure a pazienti TGD e il 21% ha dichiarato di non sentirsi a proprio agio nel trattarli. Inoltre, il 72% dei partecipanti ha riconosciuto la mancanza di una specifica formazione nella cura oncologica di pazienti TGD e considera necessario ricevere tale formazione, che per il 56% dei partecipanti deve essere resa obbligatoria nei corsi di studio.
Gli operatori sanitari hanno indicato le potenziali ragioni alla base delle discriminazioni a carico dei pazienti TGD: mancanza di conoscenza (77%), paura e/o pregiudizio (72%), mancanza di esperienza con pazienti TGD (63%), mancata volontà o capacità di stabilire una comunicazione efficace (54%), mancanza di sensibilità da parte degli operatori sanitari (52%) e mancanza di spazi e condizioni appropriati per garantire la privacy (35%).
I tanti volti della discriminazione
Una cosa è certa: in Italia i pazienti TGD devono affrontare diverse tipologie di ostacoli nell’accesso alle cure e possono subire discriminazioni che, a conti fatti, hanno un impatto negativo sulla salute sia fisica sia psicologica. Circa un paziente su 3 (32%) ha infatti dichiarato di aver subito uno o più atti di discriminazione da parte di operatori sanitari, che possono assumere varie forme: dal misgendering (67%) a un atteggiamento di inappropriata curiosità (48%).
Di fronte a questi atti discriminatori, il 40% dei pazienti TGD ha dichiarato di non aver reagito, il 50% ha cambiato specialista, ma – dato preoccupante – il 25% si è visto costretto a rinunciare alle cure. “Questo è un dato davvero allarmante, legato anche a un ambiente non resiliente e non adatto a una pratica clinica e sanitaria inclusiva” ha commentato Leone che cita anche un altro nodo cruciale della cura della popolazione TGD, ovvero la partecipazione agli screening oncologici.
Un dato su tutti dal sondaggio: 7 pazienti su 10 non hanno mai partecipato a uno screening oncologico. “A livello pratico, in Italia i cittadini ricevono dal Servizio Sanitario Nazionale un invito a partecipare ai programmi di screening di popolazione basati sul sesso assegnato alla nascita, oppure riassegnato per i soggetti TGD che hanno completato l’iter legale. Ciò significa che quegli individui che completano il processo per la riassegnazione del genere e quindi un riconoscimento legale dell’avvenuta transizione, sono esclusi da programmi di screening appropriati dal momento che l’invito è basato soltanto sul sesso e/o genere riconosciuto legalmente e non sulla reale anatomia e quindi sulle reali necessità dell’individuo” spiega Leone.
Verso una reale inclusione
Sia per i medici che per i pazienti, formazione e comunicazione rappresentano due pilastri nella costruzione di una oncologia (e più in generale di una medicina) davvero inclusiva. Lo dimostra il fatto che il 50% dei medici ha parlato di una comunicazione spesso o a volte difficoltosa, anche a causa della paura delle discriminazioni manifestata dai pazienti TGD e dalla loro riluttanza, in alcuni casi, a dichiarare la propria identità di genere.
“Non chiediamo una ‘sanità separata’ per le persone TGD, sarebbe ancora più discriminante. Vogliamo piuttosto sottolineare l’importanza di un atteggiamento sensibile alle questioni di genere e non giudicante, che deve essere implementato attraverso specifici interventi a livello educativo” scrivono gli esperti. “Questo non significa negare le differenze e le unicità dei pazienti, al contrario, significa riconoscerle, valorizzarle e saperle approcciare”.
“Questo passaggio e questo concetto di inclusione sono molto importanti e devono necessariamente passare attraverso il coinvolgimento continuo dei diretti interessati, ovvero la comunità TGD” affermano all’unisono Alberto Leone e Antonia Caruso, scrittrice e attivista transgender.
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