Un nuovo indicatore per la suscettibilità alla depressione postpartum
- Benedetta Pagni
- Notizie dalla letteratura
Messaggi chiave
- Eventi depressivi legati all’utilizzo di contraccettivi ormonali potrebbero essere indicativi del rischio di depressione postpartum (DPP).
- Sono necessarie nuove strategie per la stratificazione del rischio di DPP. L’identificazione di sottogruppi di donne ormone-sensibili è fondamentale per una migliore comprensione diagnostica e quindi una corretta gestione della terapia.
Perché è importante
- Le donne sono soggette al doppio di probabilità degli uomini di soffrire di depressione.
- Sono ancora troppo pochi gli studi dedicati all’impatto delle fluttuazioni ormonali durante la vita della donna. La suscettibilità agli ormoni può contribuire alla depressione in alcune donne, come osservato durante la fase premestruale, il DPP e il periodo attorno alla menopausa.
- Lo studio suggerisce una nuova possibile relazione fra la depressione causata dall’uso di contraccettivi ormonali con un aumentato rischio di DPP, offrendo un nuovo strumento diagnostico.
Come è stato condotto lo studio
- È stato utilizzato il registro dei dati sanitari danese e sono stati analizzati i dati raccolti dal 1° gennaio 1995 al 31 dicembre 2017. Sono state incluse le donne nate dopo il 1978 e con un primo parto avvenuto fra il 1996 e il 2017. Sono state escluse le donne che non hanno mai utilizzato un contraccettivo ormonale o che abbiano avuto un episodio depressivo prima del 1996 o nei 12 mesi antecedenti il parto.
- In tutto, sono state analizzate 188.648 madri da marzo 2021 a gennaio 2023.
- È stata calcolata l'incidenza della DPP intesa come lo sviluppo della depressione entro 6 mesi dal primo parto.
Risultati
- Delle donne analizzate: 18.431 (9,8%) hanno avuto episodi depressivi non associati all’uso di contraccettivi ormonali e 5.722 (3%) hanno avuto una storia di depressione associata al loro uso. Queste ultime hanno mostrato un rischio più alto di depressione postpartum (HR aggiustato, 1.35 [95% CI, 1.17-1.56]).
- Due limitazioni dello studio sono la possibile presenza di bias nell’analisi dei dati e l’assenza parziale di diagnosi cliniche confermate.
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