Un farmaco per l’ipertensione resistente
- Alessia De Chiara
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- In pazienti con ipertensione resistente ai trattamenti, il baxdrostat ha portato notevoli riduzioni della pressione sanguigna.
- Rispetto al placebo ci sono state diminuzioni della pressione maggiori nei partecipanti che hanno ricevuto il farmaco alla dose di 2 mg e 1 mg.
Uno studio condotto su adulti affetti da ipertensione resistente ai trattamenti in cura con almeno 3 farmaci antipertensivi mostra come con l’assunzione di un inibitore selettivo dell’aldosterone sintasi, il baxdrostat, si siano verificati notevoli diminuzioni di pressione diastolica e sistolica che dipendevano dalla dose di farmaco assunto. “La riduzione della pressione sanguigna è stata associata a una diminuzione del livello plasmatico di aldosterone e a un aumento compensatorio dell’attività della renina plasmatica, senza riduzione del livello di cortisolo” riassumono i ricercatori sottolineando come il baxdrostat ha mostrato un profilo di effetti collaterali accettabile e come nessuno dei partecipanti abbia interrotto il trial a causa di iperkaliemia.
“Gli inibitori dell’aldosterone sintasi prendono di mira una causa probabile della resistenza al trattamento sopprimendo la sintesi dell’ormone piuttosto che bloccando il recettore dei mineralcorticoidi” spiegano i ricercatori su New England Journal of Medicine. Tuttavia è difficile ottenere tale inibizione poiché l’aldosterone sintasi condivide il 93% di somiglianza di sequenza con l’enzima che catalizza la sintesi del cortisolo (11β-idrossilasi). Studi preclinici e di fase 1 hanno dimostrato che baxdrostat ha un’elevata selettività (rapporto di selettività 100:1) per l’aldosterone sintasi rispetto all’altro enzima e, inoltre, a diverse dosi riduce i livelli plasmatici di aldosterone ma non di cortisolo.
BrigHTN, questo il nome del trial, ha coinvolto 275 adulti (il 90% ha completato lo studio) con ipertensione resistente ai trattamenti e pressione arteriosa di almeno 130/80 mm Hg che assumevano almeno 3 antipertensivi tra cui un diuretico, i quali sono stati randomizzati a ricevere una volta al giorno per 12 settimane baxdrostat (dose di 0,5 mg, 1 mg o 2 mg) o un placebo.
Sono stati osservati cambiamenti di pressione dose-dipendenti, pari a -20,3 mm Hg, -17,5 mm Hg, -12,1 mm Hg e -9,4 mm Hg nei gruppi che hanno ricevuto rispettivamente 2 mg, 1 mg, 0,5 mg di farmaco e il placebo. È stata calcolata una differenza nel cambiamento pressorio tra il gruppo 2 mg con quello placebo di -11,0 mm Hg e tra il gruppo 1 mg con quello placebo -8,1 mm Hg. Invece, non si sono rilevate più alte in modo significativo le riduzioni osservate nel gruppo che ha assunto 0,5 mg di farmaco rispetto a quelle del gruppo placebo.
Nessun evento avverso grave è stato collegato al farmaco o al placebo e non ci sono stati casi di decesso o di insufficienza adrenocorticale. In 2 pazienti trattati con baxdrostat si è verificato un aumento dei livelli di potassio di 6,0 mmol per litro, che non si sono però ripresentati una volta il farmaco è stato interrotto e poi riiniziato.
“L’azione selettiva del baxdrostat può scongiurare il rischio di indurre insufficienza surrenalica e la perdita di efficacia di riduzione della pressione sanguigna che può derivare dall’accumulo di precursori steroidei attivanti i recettori dei mineralcorticoidi osservati con gli inibitori dell’aldosterone sintasi di prima generazione – scrivono i ricercatori – Questi vantaggi dovranno essere confermati in studi di fase 3 che coinvolgano più pazienti per un periodo più lungo”.
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