Conclusioni
- Nelle pazienti con tumore ovarico recidivante/persistente, il trattamento di induzione con nivolumab + ipilimumab seguito da mantenimento con nivolumab evidenzia una risposta e un beneficio in termini di sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival, PFS) migliori, con tossicità gestibili, rispetto a nivolumab in monoterapia.
- Nella maggioranza dei pazienti la risposta non è duratura.
Perché è importante
- È giustificato esplorare ulteriormente il regime ipilimumab + nivolumab, possibilmente in combinazione con altri agenti.
Disegno dello studio
- Studio di fase 2: 100 pazienti con tumore ovarico recidivante/persistente e intervallo senza platino (platinum-free interval, PFI)
- Finanziamento: National Cancer Institute.
Risultati principali
- Il PFI era
- Nel gruppo trattato con nivolumab in monoterapia rispetto al gruppo trattato con nivolumab + ipilimumab:
- dopo 6 mesi, il tasso di risposta obiettiva era del 12,2% rispetto al 31,4% (OR=3,28; P=0,034);
- il tasso di malattia stabile era del 29% rispetto al 39%;
- la durata della risposta ≥6 mesi senza evidenze di nuova malattia era dell’8,2% rispetto al 15,7%;
- la PFS mediana era di 2,0 rispetto a 3,9 mesi (HR=0,528; P=0,004);
- la sopravvivenza complessiva (overall survival, OS) mediana non differiva significativamente (HR=0,789; P=0,43);
- il tasso di eventi avversi di grado ≥3 era del 55,1% rispetto al 66,7% (P=0,31).
- Nel gruppo in terapia di combinazione è stato riportato 1 decesso.
- Non è stata osservata alcuna associazione significativa tra PFS ed espressione del ligando 1 della proteina di morte cellulare programmata.
Limiti
- Disegno in aperto.
- Potenza limitata per l’analisi dei biomarcatori.
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