Tumore orofaringeo HPV-positivo: immunoterapia combinata più radioterapia evidenziano risposta

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Nel carcinoma orofaringeo a cellule squamose localmente avanzato HPV-positivo, un regime combinato per il blocco del checkpoint immunitario unito a radioterapia ottiene una buona sopravvivenza, con una riduzione dell’esposizione alle radiazioni.

La terapia di prima linea per il tumore orofaringeo HPV-positivo è generalmente cisplatino ad alto dosaggio combinato con radioterapia ad alto dosaggio, ma questo regime è associato a una significativa tossicità acuta e a lungo termine.

“Dato che i tumori orofaringei HPV-positivi sono caratterizzati da un microambiente tumorale infiammato e le oncoproteine dell’HPV sono onnipresenti, necessarie per la sopravvivenza del tumore e rappresentano antigeni tumore-specifici ideali – abbiamo ipotizzato che l’induzione e il concomitante blocco del checkpoint immunitario mirato a CTLA-4 e PD-1 seguiti da radioterapia a intensità modulata (intensity-modulated radiotherapy, IMRT) adattata al volume e alla dose potessero rappresentare un’alternativa efficace all’attuale standard di cura”, afferma l’autrice, la Dott.ssa Maura Gillison, dell’MD Anderson Cancer Center dell’Università del Texas, Houston.

“La sperimentazione offre dati convincenti a sostegno di un nuovo approccio per il trattamento dei tumori della testa e del collo HPV-positivi di nuova diagnosi. Il nostro obiettivo è trattare questo tumore solo con l’immunoterapia. I risultati di questa sperimentazione mi rendono ottimista che ciò sarà possibile”, afferma la Dott.ssa Gillison.

I ricercatori hanno condotto una sperimentazione clinica di fase 2 arruolando 35 pazienti affetti da tumore orofaringeo HPV-positivo di nuova diagnosi positivi per l’espressione di PD-L1.

I pazienti hanno ricevuto 1 mg/kg di ipilimumab e 3 mg/kg di nivolumab durante un ciclo di 6 settimane, seguito da un secondo ciclo accompagnato da radioterapia a 40–44 Gy per i pazienti che avevano ottenuto una risposta completa del tumore primitivo e un boost di 50–66 Gy in base al volume di trattamento post-induzione. Il protocollo ha ridotto la dose al collo da 52 a 36 Gy. La radioterapia è stata somministrata solo a 1 stazione linfonodale oltre il linfonodo coinvolto. Le cure standard prevedono la somministrazione della radioterapia essenzialmente a tutto il collo.

Sono stati osservati eventi avversi di grado 3 o superiore nel 66% dei pazienti, la maggioranza attribuibile alla radioterapia. Il tasso di risposta completa, valutato mediante tomografia a emissione di positroni, è stato del 94% dopo 6 mesi; la sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival, PFS) a 2 anni è risultata dell’86%. Dopo un follow-up mediano di 14,9 mesi, tutti i pazienti erano in vita e liberi dal cancro.

Il tasso di risposta complessiva è risultato del 14% dopo l’induzione, ma il 96% dei pazienti ha evidenziato un effetto istologico del trattamento. La vitalità del tumore è risultata inferiore al 5% nel 48% dei pazienti ed è stata osservata una risposta molecolare completa, misurata dall’HPV libero nel plasma, nel 30%. I pazienti hanno ricevuto il 36% in meno di radiazioni rispetto al tipico standard di cura e la dose alle zone critiche è stata ridotta del 50%.

“Abbiamo osservato un picco molto forte del DNA da HPV libero, seguito da una rapida diminuzione, in un numero considerevole di pazienti entro 2 settimane dalla prima dose. Nei pazienti che presentavano ancora tumore vitale alla fine dell’immunoterapia di induzione, abbiamo osservato un secondo picco robusto del DNA da HPV libero all’inizio della radioterapia, con una clearance rapida. Questo ci ha convinto che nei pazienti che ottengono una clearance dell’HPV libero entro la fine dell’induzione, seguita da nessun ulteriore rilevamento durante la radioterapia, questo dato è un eccellente surrogato per il controllo del tumore”, afferma la Dott.ssa Gillison.

L’articolo è un adattamento dell’originale, scritto da Jim Kling, apparso su MDedge.com, parte di Medscape Professional Network.