Tumore del polmone: esiti migliori con la chemio-immunoterapia perioperatoria

  • Cristina Ferrario
  • Uniflash
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Un trattamento pre-operatorio combinato di chemio-immunoterapia migliora le risposte rispetto a uno basato solo su chemioterapia in pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) di stadio IIIA o IIIB. Lo si legge in un articolo recentemente pubblicato sul New England Journal of Medicine.

“Il 20% circa dei pazienti con NSCLC riceve diagnosi di malattia in stadio III, ma al momento non ‘è un consenso sul miglior trattamento per questa popolazione” esordiscono gli autori, guidati da Mariano Provencio del Hospital Universitario Puerta de Hierro–Majadahonda, in Spagna, primo nome del lavoro. Gli esperti ricordano inoltre che esiste una forte associazione tra risposta patologica completa dopo terapia neoadiuvante e sopravvivenza. 

Nel loro studio di fase 2, Provencio e colleghi hanno coinvolto 86 pazienti con NSCLC resecabile di stadio IIIA e IIIB, randomizzati a ricevere come trattamento neoadiuvante o la chemio-immunoterapia (nivolumab + chemioterapia a base di platino; n=57) o la sola chemioterapia (n=29). A questo trattamento hanno fatto seguito l’intervento chirurgico e, nei pazienti del gruppo chemio-immunoterapia con resezioni R0, un trattamento adiuvante con nivolumab per 6 mesi. 

 

Migliora la risposta…

L’analisi dei risultati mostra che la chemio-immunoterapia neoadiuvante aumenta in modo significativo rispetto alla sola chemioterapia la percentuale di pazienti che raggiungono una risposta patologica completa, end point primario dello studio: 37% nel gruppo sperimentale (chemio-immunoterapia) rispetto a 7% nel gruppo controllo (solo chemioterapia) (rischio relativo 5,34; P=0,02). “Questo beneficio si osserva in tutti i sottogruppi analizzati” precisano gli autori, sottolineando che risultati simili sono stati ottenuti anche per la risposta patologica maggiore (53% nel gruppo chemio-immunoterapia vs 14% nel gruppo chemioterapia; rischio relativo 3,82) e per la risposta globale (75% e 48% nel gruppo chemio-immunoterpia e chemioterapia, rispettivamente; rischio relativo 1,56).

“Da notare che la percentuale di pazienti sottoposti a chirurgia dopo terapia neoadiuvante è risultata più elevata nel gruppo chemio-immunoterapia rispetto al gruppo chemioterapia, con percentuali di 93% e 69%, rispettivamente” aggiungono i ricercatori.

 

…e la sopravvivenza

L’aggiunta peri-operatoria di nivolumab ha portato benefici anche in termini di sopravvivenza, con stime di sopravvivenza libera da progressione a 24 mesi pari a 67,2% e 40,9% nel gruppo sperimentale e nel gruppo controllo (hazard ratio per progressione, ricorrenza o decesso: 0,47). I dati corrispondenti per la sopravvivenza generale sono stati 85,0% e 63,6%, rispettivamente. 

Come ulteriore approfondimento, Provencio e colleghi hanno anche valutato l’eventuale ruolo prognostico del DNA tumorale circolante (ctDNA) pre-trattamento, scoprendo che a tutti gli effetti questo parametro aggiunge informazioni prognostiche a quelle ottenute in base allo stadio clinico. “Uno dei limiti maggiori dell’utilizzo del livello di ctDNA per le decisioni cliniche è la quantificazione non ancora standardizzata di questo valore. La concordanza tra le diverse piattaforme usate per valutare il livello di ctDNA è stata poco studiata finora” commentano gli esperti.