Tumore colorettale: aggiustare la terapia per i più fragili

  • Daniela Ovadia — Agenzia Zoe
  • Attualità mediche
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Con i dovuti aggiustamenti, anche i pazienti più vulnerabili possono tollerare il trattamento per il tumore del colon-retto metastatico a base di chemioterapia e anticorpi anti-EGFR. Lo scrivono sulla rivista Journal of Geriatric Oncology i ricercatori italiani dello studio REVOLT, guidati da Gerardo Rosati dell’Ospedale San Carlo di Potenza, primo nome dell’articolo.

“Cetuximab e panitumumab sono anticorpi monoclonali contro EGFR che si sono dimostrati efficaci in combinazione, rispettivamente, con FOLFIRI o FOLFOX nel migliorare la sopravvivenza libera da malattia (PFS) in pazienti con tumore del colon-retto metastatico e non trattati in precedenza” dicono gli autori, spiegando che i dati sull’utilizzo di questi anticorpi nella popolazione anziana sono meno convincenti. “Si tratta di una popolazione ampia e in molti casi particolarmente vulnerabile e identificare la migliore strategia terapeutica rappresenta in questo contesto un punto fondamentale per pazienti, caregivers, medici e sistema sanitario” aggiungono.

Per raggiungere questo traguardo, Rosati e colleghi hanno condotto lo studio retrospettivo REVOLT che ha coinvolto 14 centri italiani e 118 pazienti anziani (età mediana: 75 anni) con malattia metastatica non precedentemente trattata e senza mutazioni in RAS e BRAF. “In totale, 75 e 43 pazienti hanno ricevuto FOLFOX o FOLFIRI, rispettivamente, in combinazione con panitumumab o cetuximab” precisano gli autori, ricordando che i regimi chemioterapici prevedevano l’uso di una dose ridotta del 20% rispetto allo standard.

A tutti gli effetti, le tossicità di grado 3-4 sono risultate relativamente basse, con neutropenia (11,8%) e rash cutaneo (11,0%) come più comuni. “Un dato interessante soprattutto se confrontato con quelli ottenuti in studi nei quali i pazienti anziani ricevevano il trattamento chemioterapico alla stessa dose usata per i più giovani” commentano Rosati e colleghi.

Positivi anche i dati di efficacia: il tasso di risposta globale si è attestato sul 57,3% (malattia stabile nel 29,1% dei casi e tasso di controllo di malattia dell’86,4%). Sono state inoltre osservate una PFS e una sopravvivenza generale, rispettivamente di 10 e 18 mesi, senza differenze statisticamente significative tra i due trattamenti.

“La chemioterapia a dose ridotta in combinazione con anti-EGFR rappresenta probabilmente una delle chiavi per la gestione di questi pazienti” concludono gli esperti.