Trabectedina, i dati real-life
- Daniela Ovadia — Agenzia Zoe
- Attualità mediche
di Elena Riboldi
Un grande studio prospettico italiano, il più grande mai condotto, permette di avere un’idea dettagliata dell’impiego della trabectedina nel trattamento dei tessuti dei sarcomi molli nel contesto real-life. Dallo studio emerge un’osservazione importante: rivolgersi a un centro piuttosto che a un altro fa la differenza.
Gli autori dello studio, che ha visto la collaborazione dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, dell’Università Campus Bio-Medico di Roma e dell’AIFA, hanno analizzato i dati di 2.633 pazienti trattati con trabectedina tra il 2013 e il 2019, per un totale di 14.950 cicli di terapia. In Italia l’inserimento dei dati del paziente nel registro dell’AIFA è un requisito per confermare l’eleggibilità e ricevere il trattamento con trabectedina, di fatto lo studio ha quindi incluso il 100% dei pazienti italiani.
Il 60% dei pazienti era di sesso maschile. L’età mediana era 60 anni (IQR 50-68; range 17-90). Il numero mediano di cicli di trabectedina per paziente era 3 (IQR 2-7). Nel 27,3% delle prescrizioni la dose iniziale era 1,5 mg/m2, nel 61,5% 1,1-1,4 mg/m2 (la dose più utilizzata era 1,2 mg/m2) e nel 10,8% ≤1 mg/m2. Complessivamente il tempo all’interruzione del trattamento (Time-to-off-treatment [TToT], ovvero l’intervallo temporale tra la prescrizione iniziale e l’interruzione per qualunque causa) era 93 giorni. Sono state esaminate le variabili che influenzavano il TToT. Il TToT era più lungo nel sesso femminile (+13%), per chi aveva un ECOG status 0 (+50%), per chi aveva una diagnosi istologica di leiomiosarcoma (+22%), liposarcoma ben differenziato/dedifferenziato (+72%) o liposarcoma mixoide (+23%).
Da sottolineare il fatto che i pazienti trattati in centri ad alto volume avevano un TToT del 23% più lungo rispetto a chi era curato in centri piccoli. Lombardia, Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia erano le regioni in cui si curavano più pazienti provenienti da altre regioni, mentre Veneto, Campania e Puglia erano le regioni con il numero più alto di pazienti che si andavano a curare in altre regioni.
Gli autori dello studio credono che il fatto che il TToT sia significativamente diverso nei centri ad alto e basso volume possa dipendere da diversi fattori, tra cui il bias di selezione (i centri ad alto volume potrebbero accogliere meno pazienti con prognosi sfavorevole), ma anche la diversa expertise. “Un’esposizione insufficiente a tumori rari come i sarcomi e in modo particolare all’uso della trabectedina potrebbe portare a una potenziale inappropriatezza della gestione nei centri a basso volume – scrivono nell’articolo pubblicato sull’International Journal of Cancer – Per esempio, la gestione ottimale delle tossicità associate al trattamento varia con l’esperienza del centro: valori epatici precocemente alterati, in genere legati a una mancanza di premedicazione con steroidi, potrebbero costituire un fattore deterrente che spinge i dottori dei centri a basso volume a interrompere il trattamento con trabectedina”. Un altro possibile fattore è l’esperienza nel valutare le modificazioni radiografiche legate al trattamento: “È possibile che in centri con radiologi meno esperti o privi di un tumor board multidisciplinare che discute le immagini radiografiche ai pazienti venga interrotto prematuramente il trattamento perché sono considerati (erroneamente) in progressione”.
I riscontri di questo studio sono particolarmente rilevanti, anche data l’elevata mobilità tra regioni dei pazienti italiani. “La nostra osservazione di un diverso TToT in pazienti con sarcomi dei tessuti molli trattati con trabectedina nei centri ad alto e basso volume – concludono gli autori – supporta la tesi dell’identificazione di centri di riferimento nazionali e del networking tra hub e spokes”.
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