Sonno e salute cardio-vascolare: quale relazione?
- Paolo Spriano
- Uniflash
Il sonno è uno stato fisiologico di riposo e rilassamento in cui una persona trascorre circa un terzo della sua vita ed è un elemento sempre più riconosciuto come indicatore essenziale dello stato di salute dell’individuo. Una durata del sonno insufficiente o eccessiva è stata associata a varie patologie croniche tra cui l’obesità, l’ipertensione, il diabete e la sindrome metabolica (1).
Il sonno è un parametro che non viene considerato tra i predittori del Life's Simple 7 (LS7), un modello proposto dall’American Heart Association (2) per valutare la salute cardiaca ed orientare le persone in un percorso di salute cardiovascolare ideale (CVH).
I Simple 7 sono composti da quattro comportamenti modificabili (non fumare, essere normopeso, mangiare sano ed essere fisicamente attivi) e tre misure biometriche (pressione arteriosa, colesterolemia e glicemia). Nel mondo scientifico la domanda che ci si sta ponendo è: il sonno, aggiunto ai Simple 7, può migliorare la capacità predittiva di CVH delle persone?
Sonno e malattie cardio-vascolari
Le malattie cardiovascolari (MCV) sono una delle principali cause di morbilità e di morte a livello globale e la loro prevenzione rappresenta un ambito di intervento prioritario per i medici.
Il sonno, similmente alla dieta, al fumo e all'esercizio fisico, può svolgere un ruolo determinante nel rischio cardiovascolare di una persona.
La conferma di quanto faccia bene dormire il giusto tempo è confermata dallo studio del National Health and Nutrition Examination Survey (3) che ha dimostrano come le persone che dormono da sei a sette ore per notte hanno minori possibilità di morire per un infarto o ictus rispetto a coloro che dormono di meno o di più. Questa tendenza è stata confermata anche dopo aver corretto i risultati tenendo conto di altre condizioni note o fattori di rischio per malattie cardiache e ictus.
L’analisi è stata eseguita su un’ampia popolazione più di 17.000 partecipanti arruolati dal National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES), un campione rappresentativo di civili statunitensi, non istituzionalizzati, con un'età media di 46 anni (intervallo interquartile [IQR] 31, 63), di cui il 51,3% donne e il 46,9% soggetti bianchi non ispanici. In tutti i soggetti oltre alla durata del sonno sono stati determinati i punteggi di rischio di malattia cardiovascolare aterosclerotica (ASCVD) dei partecipanti e i livelli di proteina C-reattiva (PCR), un marker di flogosi noto per essere associato alle malattie cardiache. Nel corso di un follow-up mediano di 7,5 anni (IQR 6.0, 9.1), si sono verificati 350 decessi per CVD con un tasso incidente di 2,7 per 1000 anni-persona (IQR 2.4, 3.0).
L’analisi finale ha evidenziato un andamento a U della curva definita da durate del sonno e:
- tasso di mortalità per CVD incidente (P -trend = 0,011)
- rischio di ASCVD a 10 anni (P -trend <0,001)
- PCR (P -trend <0,001).
Quindi è ammissibile considerare una durata del sonno auto-riferita di 6-7 ore come ottimale. Diversamente nei soggetti che hanno riportato una durata del sonno <6 ore o >7 ore è stato rilevato un rischio maggiore di morte CV che, corretto per i fattori di confondimento era attribuibile alla presenza di uno stato infiammatorio.
Sonno e salute CV
La relazione tra sonno e salute cardiovascolare, è un dato riconosciuto come elemento di rilievo anche in campo di cardiologia preventiva. In letteratura molti studi hanno esaminato l'associazione tra la durata del sonno e gli esiti clinici tra cui l’incidenza di MCV e una meta-analisi di studi prospettici ha mostrato che la breve durata del sonno (RR 1,48) e la lunga durata del sonno (RR 1,38) erano entrambe associate a un rischio elevato di malattia coronarica (4) .
Tuttavia, diversi studi hanno dimostrato risultati contrastanti per quanto riguarda l'associazione tra durata del sonno e esiti clinici. Ci sono prove a supporto di un aumento del rischio di malattia coronarica nel “sonno breve” rispetto a un “sonno lungo” in cui il rischio non è confermato (5). Risultati esattamente contrari sostengono che non è la breve, ma la lunga durata del sonno, che potrebbe aumentare il rischio di mortalità CV (6).
La scarsa coerenza dei risultati della ricerca su questo argomento è legato all'affidabilità della misura nella durata del sonno auto-riferita, generalmente corrispondente al tempo totale trascorso a letto, che spesso è differente dalla durata del sonno fisiologico effettivo. Inoltre, il tempo di sonno ottimale può dipendere da fattori costituzionali e genetici con un’ampia variabilità ottimale individuale. Pertanto, si ipotizza che la stratificazione del rischio utilizzando la sola durata del sonno presenta dei limiti intrinseci di valutazione che potrebbero essere migliorati associando i dati sulla qualità del sonno (5, 4).
Sonno e rischio CV: è più importante quanto o come si dorme?
Lo studio del sonno MESA (Multi-Ethnic Study of Atherosclerosis) ha valutato una misura estesa della salute cardio-vascolare (CVH) che include il sonno come ottava metrica in relazione al rischio CVD (7). L’analisi ha calcolato il punteggio LS7 e 4 interazioni di un nuovo punteggio di CVH: il punteggio 1 includeva la durata del sonno, il punteggio 2 includeva le caratteristiche del sonno legate alla MCV in letteratura (durata del sonno, insonnia, sonnolenza diurna e apnea ostruttiva del sonno), punteggi 3 e 4 includevano le caratteristiche del sonno associate a MCV nel MESA (punteggio 3: durata ed efficienza del sonno, sonnolenza diurna e apnea ostruttiva del sonno; punteggio 4: punteggio 3+regolarità del sonno).
Tra i 1920 partecipanti con età media di 69±9 anni, il 54% erano donne e tutti sono stati valutati per un follow up medio di 4,4 anni, in cui si sono osservati 95 eventi MCV prevalenti e 93 casi incidenti (follow-up). Quelli nel terzile più alto rispetto a quello più basso del punteggio LS7 e dei punteggi CVH da 1 a 4 avevano probabilità inferiori fino all'80% di MCV prevalente.
Il punteggio LS7 non era significativamente associato all'incidenza di MCV (hazard ratio, 0,62). Quelli nel terzile più alto rispetto a quello più basso del punteggio CVH 1, che includeva la sola durata del sonno, e il punteggio CVH 4, che includeva la salute del sonno multidimensionale, avevano un rischio MCV incidente inferiore rispettivamente del 43% e del 47% (hazard ratio, 0,57 e un hazard ratio 0,53). Due punteggi abbastanza vicini l'uno all'altro e tali da poter considerare che la sola durata del sonno portava ad esiti quasi uguali rispetto ad una valutazione più complessa che considerava tutti i parametri multidimensionali del sonno. Quindi nella pratica clinica è ammissibile utilizzare la solo durata del sonno per definire il punteggio di CVH che include la salute del sonno nella previsione del rischio di MCV.
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