SIRU 2023 - Perché le coppie italiane vanno all’estero per la procreazione medicalmente assistita

  • Maria Valsecchi Cristina
  • Uniflash
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Dopo la pausa imposta dalla pandemia, i viaggi delle coppie italiane che scelgono di intraprendere un percorso di procreazione assistita all’estero sono ripresi, con numeri superiori del 30% rispetto al 2019, secondo la stima formulata dagli specialisti del settore riuniti a Roma in occasione del VI Congresso Nazionale della Società Italiana di Riproduzione Umana, dal 12 al 14 aprile. Le destinazioni preferite sono la Spagna, la Grecia, la Repubblica Ceca, la Danimarca e il Belgio.

“Nonostante la Corte Costituzionale abbia rimosso molti dei vincoli fissati dalla legge 40/2004 e oggi in Italia sia consentita anche la fecondazione eterologa, nonostante i centri italiani soddisfino standard elevati di sicurezza e qualità, con tassi di successo in linea con quelli degli altri Paesi europei, sono ancora tanti i nostri concittadini che affrontano le spese e i disagi del viaggio per ottenere l’assistenza che dovrebbero ricevere a casa propria”, osserva Antonino Guglielmino, presidente uscente dell’area ginecologica della SIRU. “All’origine di questa tendenza ci sono diversi problemi tuttora irrisolti”.

 

Costi e liste d’attesa a macchia di leopardo

“La procreazione medicalmente assistita (PMA) è stata inserita nei Livelli Essenziali di Assistenza che ogni Regione italiana dovrebbe garantire ai propri residenti”, spiega Guglielmini. “Tuttavia, il Ministero della Salute non ha ancora pubblicato le tariffe ufficiali per queste prestazioni, col risultato che il costo di un percorso di PMA varia in modo significativo sul territorio nazionale. Cambia da Regione a Regione l’entità del ticket che la coppia deve pagare: alcune fanno pagare il costo pieno di ogni intervento, in altre sono a pagamento fuori dal ticket solo alcune prestazioni, come l’anestesia durante il prelievo degli ovociti”.

C’è poi una grande disomogeneità nella distribuzione sul territorio dei centri pubblici e convenzionati e di quelli privati. “Al Nord sono più numerosi quelli pubblici e convenzionati, al Sud i privati” spiega Elisa Piccoli, dell’Unità Semplice Dipartimentale PMA e preservazione della fertilità di Verona, relatrice al congresso. “Non stupisce il fatto che tanti residenti delle Regioni meridionali si rivolgano alle strutture della Toscana o della Lombardia, per usufruire delle prestazioni rimborsate dal servizio sanitario pubblico, con il risultato che le liste di attesa dei centri del Nord si allungano. A seconda delle Regioni, andiamo da 2-4 mesi a 1-2 anni”.

Inoltre, pur essendo legale oggi in Italia fare ricorso alla fecondazione eterologa, sono ancora pochi i centri pubblici che erogano questa prestazione. “E il 90% degli ovociti utilizzati viene dall’estero, perché in Italia la legge vieta di ricompensare o di dare anche solo un rimborso spese alle donne che li donano” spiega Guglielmino.


 

Single, coppie dello stesso sesso e maternità surrogata

Sono ancora validi nel nostro Paese alcuni dei limiti imposti dalla legge 40/2004: alla PMA possono accedere solo coppie eterosessuali maggiorenni coniugate o conviventi. “Le donne single e le coppie dello stesso sesso vanno tutte all’estero” dice Piccoli. “Si rivolgono a un altro Paese anche quelle che fanno ricorso alla maternità surrogata. Si stima siano circa 250 all’anno e per il 90% si tratta di coppie eterosessuali, in cui la donna per ragioni mediche non può intraprendere una gravidanza. Un tempo la meta preferita degli Italiani per la maternità surrogata era l’Ucraina. Oggi al primo posto c’è la Grecia e Paesi extra europei come il Canada e gli USA. In India, a cui un tempo si rivolgevano alcune coppie italiane, oggi l’accesso alla maternità surrogata è vietato agli stranieri”.

C’è poi la questione dei limiti di età. In Italia la legge prevede che possano accedere alla PMA donne in età potenzialmente fertile, ma questa soglia viene interpretata in modo diverso da Regione a Regione, da un minimo di 42 anni a un massimo di 50. “All’estero operano centri che ammettono donne di età anche più avanzata, attirando questa parte della potenziale clientela”, spiega Piccoli. “Attenzione, però, una gravidanza ottenuta con ovociti donati in età avanzata comporta rischi elevati di complicazioni ostetriche e danni alla salute della donna e del nascituro. È un aspetto che bisogna valutare quando si sceglie questa strada”.

 

Pubblicità aggressiva

Una delle ragioni che spingono tanti Italiani ad andare all’estero per la procreazione assistita è la pubblicità spesso aggressiva dei centri che operano in altri Paesi e si rivolgono ai nostri connazionali. “Basta andare in rete e fare una semplice ricerca per trovare siti di strutture che vantano risultati irrealistici: tassi di successo anche del 60-80%”, osserva Guglielmino. “I centri italiani sono tenuti a comunicare in piena trasparenza i propri numeri al Registro Nazionale della PMA gestito dall’Istituto superiore di sanità. Sulle affermazioni di tante strutture straniere non c’è alcun controllo. Alcuni offrono numerosi add-on: esami e procedure aggiuntive che dovrebbero aumentare la probabilità di successo secondo chi li presenta, ma la cui reale utilità non è dimostrata”.

Per difendere le tasche degli aspiranti genitori italiani e la loro salute dai costi e dalle incognite del turismo procreativo, la SIRU da tempo chiede al ministero della Salute la pubblicazione delle tariffe per le prestazioni della PMA, una revisione dei LEA, l’approvazione delle linee guida interdisciplinari redatte dagli esperti della stessa Società e l’implementazione di Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali uniformi in tutte le Regioni italiane.