SICP - Gestione dell'occlusione intestinale maligna in cure palliative

  • Valentina Zambonin
  • Attualità mediche
L'accesso ai contenuti di questo sito è riservato agli operatori del settore sanitario italiano L'accesso ai contenuti di questo sito è riservato agli operatori del settore sanitario italiano

L’occlusione intestinale maligna (MBO) è una complicanza frequente nei pazienti con neoplasia avanzata, in particolare nei tumori di origine gastrointestinale (prevalenza del 10-28% nei tumori del colon) e ginecologica (prevalenza del 51% nei tumori ovarici) (1). Il sopraggiungere di MBO tipicamente indica una prognosi infausta, con una media di sopravvivenza di 3-8 mesi nei casi suscettibili di chirurgia e di 4-5 settimane in quelli non operabili (2).

 

Eziologia

I meccanismi alla base della MBO possono essere di natura meccanica (ostruzione estrinseca, ostruzione intraluminale, ostruzione intramurale) o funzionale (alterazioni della motilità dovute a infiltrazione di strutture mesenteriali e/o nervose e a sindromi paraneoplastiche); l’ostruzione intestinale può essere indotta o peggiorata da elementi non strettamente legati alla malattia oncologica come stipsi ostinata, farmaci (oppioidi, chemioterapia), fibrosi e aderenze da precedenti interventi chirurgici o trattamenti radianti (1). 

 

Sintomi

L’occlusione intestinale può essere parziale o completa. La riduzione o assenza di movimenti intestinali comporta distensione intestinale con accumulo di gas e secrezioni che danneggiano l’epitelio e innescano un processo infiammatorio. In questo contesto si verifica edema della parete, abnorme crescita batterica e fenomeni di traslocazione batterica con lo sviluppo dei sintomi più frequenti: dolore addominale, crampi, distensione, nausea, vomito, alvo chiuso a feci e gas o diarrea paradossa. In genere i sintomi iniziano gradualmente per aggravarsi quando l’ostruzione diventa completa (1). 

 

Diagnosi

La diagnosi di occlusione intestinale è clinica e può essere confermata con l’imaging radiologico. La radiografia diretta dell’addome è utile ma poco precisa mentre la TC addome con mezzo di contrasto permette l’identificazione di sito, causa ed eventuali complicanze della MBO (3). 

 

Trattamento farmacologico

Le classi di farmaci utilizzate per il trattamento dell’occlusione intestinale parziale o completa comprendono antiemetici, lassativi, analgesici e corticosteroidi. Per una dettagliata descrizione dei meccanismi d’azione e del livello di raccomandazione di ciascun farmaco si consiglia la consultazione delle linee guida MASCC 2022 (1).

 

Ruolo del sondino naso-gastrico (SNG)

Il posizionamento del SNG è indicato in acuto al fine di evacuare grandi quantità di secrezioni gastriche e controllare la sintomatologia in attesa dell’efficacia del trattamento farmacologico o a fallimento di quest’ultimo. Di fondamentale importanza è informare il paziente sugli obiettivi del posizionamento e rispettarne bisogni e desideri (1, 4).

 

Trattamento: quando la chirurgia è un’opzione?

L’occlusione intestinale maligna è una tra le più frequenti richieste di chirurgia palliativa. L’indicazione a un approccio chirurgico necessita di una valutazione multidisciplinare (chirurgo, oncologo, palliativista) che tenga in considerazione, oltre alle controindicazioni assolute e relative alla chirurgia, anche prognosi, condizioni generali, comorbidità, prospettive terapeutiche e desideri del paziente (1, 2 4). 

 

Idratazione e nutrizione

Dopo il digiuno raccomandato nella fase acuta, se il quadro di occlusione si risolve completamente o parzialmente, è da preferire la reintroduzione graduale dell’alimentazione per via orale. Se questa non risulta possibile, e durante la fase acuta, va valutata con attenzione la possibilità di avviare un’idratazione e/o una nutrizione parenterale, in base ai sintomi, all’aspettativa di vita del paziente e alle sue preferenze, tenendo presente che volumi > 500 ml/die possono attenuare alcuni disturbi (nausea e sonnolenza) ma nella fase terminale aumentano il rischio di sovraccarico di liquidi. 

In conclusione: l'idratazione parenterale non deve essere iniziata di routine negli ultimi giorni di vita e la nutrizione parenterale può dare un beneficio in termini di qualità di vita in un gruppo molto selezionato di pazienti (1, 5).