SICP - Dottore, quanto mi resta?
- Giorgia Fontana|Anna Varalta
- Attualità mediche
Il punto nodale dell’alleanza terapeutica tra medico e paziente è l’atto comunicativo, e la valutazione della prognosi rappresenta uno dei momenti più delicati nella relazione tra il team di cura, il paziente e suoi familiari. La malattia mette, inevitabilmente, ogni persona di fronte alla paura della morte e del tempo che resta e può far nascere spontaneamente domande e preoccupazioni a cui il medico deve essere pronto a rispondere.
Nell’ambito della relazione di cura con un paziente affetto da una malattia inguaribile la discussione della prognosi può avere varie motivazioni:
- Fornire informazioni sul futuro al paziente ed alla sua famiglia al fine di poter definire gli obiettivi, le priorità e le aspettative di cura.
- Aiutare il paziente a sviluppare la consapevolezza del processo del morire.
- Dare al paziente l’informazione adeguata affinché possa scegliere consapevolmente il setting di cura per lui più adeguato (domicilio o hospice).
- Fornire un linguaggio comune ai medici che lavorano con pazienti che si avvicinano alla fine della vita e supportarli nella pianificazione del percorso di cura.
- Favorire un'adeguata collocazione delle risorse sanitarie, evitando ospedalizzazioni improprie.
È noto, tuttavia, come la stima prognostica comporti sempre un certo grado di indeterminatezza, in quanto i processi del fine vita sono multifattoriali e rigorosamente individuali allo stesso tempo.
Negli ultimi due decenni la letteratura in ambito di cure palliative ha evidenziato particolare interesse sul tema della prognosi e numerosi studi hanno dimostrato come i professionisti della salute non siano particolarmente accurati nella stima prognostica, soprattutto se si basano esclusivamente sul proprio giudizio clinico. La CPS (Clinical Prediction of Survival), ovvero predizione clinica di sopravvivenza espressa dal medico, aumenta la sua accuratezza con l’esperienza e la riduce all’aumentare del tempo di relazione tra medico e paziente.
Da queste evidenze, e dalla necessità di superare i limiti del solo giudizio clinico, sono stati creati e validati numerosi score prognostici.
Gli strumenti validati in italiano e caratterizzati dalla maggior accuratezza prognostica in ambito oncologico sono rappresentati da PPI, PaP e D-PaP score.
PPI (Palliative Prognostic Index) è uno score multidimensionale di sopravvivenza a breve e medio termine che valuta i seguenti item:
- Il valore della PPS (Palliative Performance Scale), che valuta la deambulazione, le attività di vita, la capacità di prendersi cura di sé, l’apporto orale ed il livello di coscienza.
- L’apporto alimentare, suddiviso in 3 classi di punteggio: normale, moderatamente ridotto, e gravemente ridotto.
- Segni e sintomi indici di insufficienza d’organo o multiorgano: edema (presente, assente), dispnea a riposo (presente, assente).
- Il delirium, utilizzando come riferimento la definizione del DSM-IV (presente, assente).
Il punteggio totale associa il paziente a una classe prognostica (PPI > 6: sopravvivenza inferiore alle 3 settimane, PPI > 4: sopravvivenza inferiore alle 6 settimane, PPI≤ 4: sopravvivenza superiore alle 6 settimane).
PaP e D-PaP sono score multidimensionali di sopravvivenza a breve termine creati da medici palliativisti italiani, validati in ogni setting di cura ed indicati dalla European Association of Palliative Care (EAPC) come gli score più accurati nel panorama scientifico odierno.
PaP score indaga la presenza o assenza di dispnea, di anoressia, la scala di performace di Karnofsky (KPS), la CPS (basata sull’esperienza clinica del medico), il grado di leucocitosi e la percentuale di linfociti.
Il punteggio totale inserisce il paziente in un gruppo di sopravvivenza (gruppo A con più del 70% di probabilità di essere vivo a 30 giorni, gruppo B fra 30 e 70%, gruppo C inferiore al 30%).
Il D-PaP Score aggiunge la variabile delirium, una condizione clinica di per sé associata al deterioramento della prognosi in ambito di cure palliative.
Nei pazienti non oncologici esiste una reale difficoltà a determinare la giusta prognosi in termini temporali, essendo la fase terminale della malattie croniche, della fragilità e della demenza caratterizzata da un andamento più lento e uno scadimento funzionale meno repentino rispetto alle malattie neoplastiche. Per alcune della patologie non oncologiche più comuni sono stati creati score prognostici, mentre per altre condizioni dei criteri identificativi di bisogni di cure palliative.
Per il paziente con scompenso cardiaco cronico è presente il 3C-HF score (Cardiac and Comorbid Condition Score), che esprime una stima prognostica a 12 mesi e valuta 11 variabili (età, classe secondo la New York Heart Association-NYHA, presenza di fibrillazione atriale, patologia valvolare severa, frazione di eiezione, terapia con farmaci betabloccanti o ACE inibitori, presenza di anemia, ipertensione arteriosa, creatinina, diabete mellito).
Il modello di Cohen, sviluppato per valutare il rischio di morte entro 6 mesi dei pazienti in trattamento emodialitico si basa sull’integrazione della Surprise Question ("Sarei stupito/a se il/la paziente fosse deceduto/a entro 12 mesi?") con altre quattro variabili: età avanzata, albuminemia ridotta, demenza e malattia vascolare periferica.
Per la cirrosi epatica scompensata i due principali score prognostici sono il Child-Pugh score per la prognosi a lungo termine e il Model of End-stage Liver Disease (MELD) score per la prognosi a tre mesi.
Il Multidimensional Prognostic Index (MPI) è un indice prognostico di eventi negativi sviluppato e validato nell’anziano ospedalizzato (mortalità a un anno, ospedalizzazione, istituzionalizzazione, durata di ricovero ospedaliero ecc.) basato sulla esecuzione di una valutazione multidimensionale.
La conoscenza e l’utilizzo di strumenti di valutazione prognostica e multidimensionale dei bisogni consentono nella pratica clinica di ottimizzare la presa in carico e la cura del malato in fase avanzata di malattia condividendo il miglior percorso di cura con lo stesso, la famiglia e l’equipe.
Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento segnaliamo il libro di Daniela D’Angelo, Chiara Mastroianni, Cesarina Prandi, Giuseppe Casale “La valutazione nelle cure palliative. Strumenti validati in lingua italiana ad uso clinico e di ricerca” edito nel 2020 dal Pensiero Scientifico Editore.
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