Si dice in Villa - Medici e mascherine, tempo di rimetterle?
- Roberta Villa
- Uniflash
Diciamocelo: in scienza e coscienza, tolti i casi in cui la comunicazione vis à vis è insostituibile, i medici, sul lavoro, dovrebbero ricominciare a portare la mascherina. Da molti mesi, ormai, in Italia, l’obbligo di indossare il dispositivo di protezione è limitato ai reparti più critici, dove si concentrano pazienti fragili, anziani e immunodepressi. Ma ora che la circolazione del virus è risalita – e con ogni probabilità continuerà a farlo nelle prossime settimane, grazie alla ripresa delle attività e della scuola – il provvedimento andrebbe ripensato.
Lo sottolinea, in un articolo di opinione, indirizzato agli Annals of Internal Medicine, un gruppo di esperti dell’Università dello stato di Washington a Seattle, ricordando il carico attuale - comunque non trascurabile - della malattia, l’incertezza sulla sua evoluzione, la capacità del virus di trasmettersi da individuo a individuo anche prima della comparsa dei sintomi o in loro assenza.
In un ospedale, poi, i pazienti fragili non sono reclusi nei loro reparti, ma possono essere ovunque. Basta pensare a un anziano in ortopedia con un femore rotto o a una paziente oncologica che arriva in ambulatorio per una visita. Si muovono – o sono trasportati per esami – in giro per la struttura.
“Ma soprattutto, stiamo cominciando soltanto adesso a capire quali possono essere le conseguenze a medio e lungo termine di un’infezione lieve o moderata” aggiungono gli autori del commento.
È chiaro che chiunque può contagiarsi ovunque, ma in un contesto sanitario la responsabilità di proteggere chi vi si rivolge è superiore. Una persona ad alto rischio può liberamente decidere di non andare al cinema o al ristorante per ridurre le possibilità di infezione, ma più difficilmente può rifiutare un ricovero o rinunciare a frequentare l’ambulatorio del medico. Anzi, il rischio è proprio che le fasce di popolazione più preoccupate per la propria salute rinuncino a visite, accertamenti e cure utili per paura di un virus che potrebbe far precipitare la loro situazione già instabile. Medici e infermieri con la mascherina passano anche un messaggio di sollecitudine nei loro confronti.
Ma la protezione, con le mascherine FFP2, è bidirezionale, e serve anche a chi si prende cura di fragili e meno fragili. “L’uso delle mascherine resta anche un importante strumento di mitigazione per proteggere la salute della nostra forza lavoro in ambito sanitario” sottolinea il documento. Qui si fa riferimento alla carenza di personale che affligge gli Stati Uniti, ma che non è certo una questione meno urgente in Italia e negli altri paesi occidentali.
Anche a chi è convinto – contro ogni evidenza scientifica - che COVID-19 sia ormai “soltanto” un’influenza, dovrebbe infatti essere evidente che l’assenza dal lavoro per malattia del personale quando questo è già sotto organico e sottoposto a turni massacranti sarebbe da ridurre al minimo. Se la mascherina può proteggere da COVID-19, tanto più può aiutare a ridurre la diffusione dell’influenza e di altri virus respiratori meno contagiosi.
L’invito a evitare l’eccesso di test che per qualcuno rappresenta un “tamponificio” fa sì che persone con sintomi lievi possano invece tranquillamente diffondere l’infezione; se poi sono asintomatici, dalle nuove norme sono di fatto obbligati a farlo, perché nessuno giustifica la loro assenza sul posto di lavoro. E questo – purtroppo – vale anche per il personale sanitario.
Lo ha sottolineato anche il presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici, Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO), Filippo Anelli, all’agenzia Dire: “Se sono un operatore socio-sanitario e sono positivo ma asintomatico, non ho obbligo di isolamento. Ma questo può significare un rischio di diffusione del virus nelle Rsa”, dove già si registrano di nuovo i primi focolai. "Oggi la valutazione è rimessa al senso di responsabilità dei cittadini,- aggiunge il medico - anche sul termine dell'isolamento: non è previsto un certificato, quindi si può rientrare anche se si hanno ancora i sintomi, perché un raffreddore non rappresenta un'inabilità al lavoro. Ma secondo me c'è bisogno di indicazioni chiare, anche dall'Inps, soprattutto per la scuola e per chi lavora in ambienti sanitari".
Insomma, sembra che dalla pandemia abbiamo imparato proprio poco. Chi parla di tornare alla gestione precedente a COVID-19 sembra presupporre che quella fosse una condizione ideale, dimenticando però quale è il carico di infezioni legate all’assistenza che da sempre affligge il nostro Paese, anche più di altre realtà economicamente e socialmente paragonabili.
La raccomandazione di indossare la mascherina solo in caso di sintomi, per COVID-19 ha poco senso. Lo suggerivamo – io compresa - all’inizio della pandemia, quando i dati provenienti dalla Cina, e l’esperienza dell’influenza da cui traevamo lezioni, suggeriva che i contagi avvenissero a partire dal momento di esordio della malattia. Ma sono ormai più di tre anni che sappiamo con certezza quanto possono essere contagiose persone che non hanno ancora sviluppato nessun sintomo, o magari nemmeno lo svilupperanno mai. E sappiamo anche che lo stesso virus totalmente silente in una persona può metterne a letto con 39°C di febbre per una settimana un’altra e mandare un terzo in ospedale. Ci sono fattori che aumentano o riducono il rischio, ma nessuno può ritenersi del tutto al sicuro dalle conseguenze immediate, a medio o lungo termine di Covid.
Tutto questo non basta per imporre nuove restrizioni che sarebbero sproporzionate nel quadro epidemiologico attuale, nessun governo potrebbe prendere, né i cittadini accettare.
Convivere con un virus che resterà per sempre tra noi non significa però dimenticare che esiste o fare come se tutto fosse come era nel 2019, perché di fatto non è così. Occorre trovare nuovi compromessi tra la possibilità di mantenere attive tutte le attività produttive, commerciali, educative, ricreative, culturali, sociali che caratterizzano il nostro modo di vivere, facendo però il possibile per impedire al virus di usarle per farci del male. La mascherina in ambulatorio e in ospedale – ma anche al cinema o al supermercato – è uno strumento economico, semplice e tutto sommato poco fastidioso, per ridurne l’impatto.
L'accesso al sito è limitato e riservato ai professionisti del settore sanitario
Hai raggiunto il massimo di visite
Registrati gratuitamente Servizio dedicato ai professionisti della salute