Si dice in Villa - Il congedo mestruale è davvero una conquista?
- Roberta Villa
- Uniflash
Distolgo la mente per un attimo dal grande ritorno di Covid-19 sul palcoscenico mediatico italiano per parlare di un argomento lontanissimo dall’emergenza che si sta verificando in Cina, e che per molti uomini, magari perfino qualcuno tra i medici che mi leggono qui, resta un argomento tabù: le mestruazioni, e in particolare, la possibilità per le donne di avere un “congedo mestruale” per assentarsi dal lavoro o da scuola.
Il dibattito è stato sollevato qualche tempo fa anche nel nostro Paese dopo che la Spagna ha approvato una norma che concede tre giorni di assenza dal lavoro a chiunque abbia mestruazioni dolorose. Proposte di legge analoghe sono state presentate anche al Parlamento italiano. Si è parlato di una grande conquista del mondo femminile o, come ha detto il sindaco di Ravenna, Michele De Pascale, una “scelta di grande civiltà”, riferendosi a quella con cui il preside del liceo artistico `Nervi Severini" della sua città, Gianluca Dradi, ha pochi giorni fa applicato lo stesso provvedimento alle sue studentesse.
Non sono proprio d’accordo. È chiaro che molte ragazze e donne adulte soffrono durante “quei giorni”. Per qualcuna diventa addirittura difficile alzarsi dal letto. In questo caso, però, il problema non sono le mestruazioni, ma la loro presentazione dolorosa, la dismenorrea. Per questo è importante passare da un medico, che conceda alla donna, se necessario, i giorni di malattia. Non solo per evitare che qualcuna ne approfitti, ma perché è un sintomo che va indagato, che può nascondere per esempio un’endometriosi da individuare e trattare. Un sintomo che come gli altri va curato, cosa che oggi abbiamo gli strumenti farmacologici per fare senza grosse difficoltà. Quando poi, come nella maggior parte dei casi, il disturbo è meno impegnativo, basta un farmaco da banco per proseguire senza alcun limite le proprie attività.
Ci sono poi moltissime altre donne, vorrei dire la maggior parte, per cui le mestruazioni sono solo un fastidio, o nemmeno quello. Sono una fase fisiologica del ciclo femminile. Perché medicalizzare anche questo, come gravidanza, menopausa, parto?
Le norme di congedo mestruale riaprono grandissimi questioni relative alla parità tra i sessi, riportando alla mente chi sosteneva che, proprio per l’ostacolo rappresentato dalle oscillazioni del ciclo mestruale, le donne non potessero garantire la stessa efficienza sul lavoro lungo tutto il mese, fossero soggette a sbalzi d’umore che potevano comprometterne la capacità decisionale o, proprio a causa dei dolori mestruali, non fossero in grado di restare in piedi ore in sala operatoria.
C’è un mondo di simbologia dietro alle mestruazioni, considerate da molte tradizioni antiche segno di impurità, non solo per la perdita del sangue, simbolo di vita, ma per il significato che questo comporta, la mancata acquisizione di una nuova vita alla famiglia e alla società, il fallimento del ruolo riproduttivo considerato essenziale per la donna. Forse azzardo, ma nell’entusiasmo per il congedo parentale mi sembra di intravvedere l’inconscio sollievo dell’uomo che allontana di nuovo dalla comunità lavorativa o scolastica la donna portatrice di un mistero che non può dominare e che lo spaventa, così come si faceva un tempo in molte culture, quando il sanguinamento imponeva la separazione in spazi divisi dalla collettività.
Credo che i maschi debbano invece farsene una ragione: le mestruazioni non sono altro che una fase del ciclo fisiologico femminile. Non c’è nulla di simbolico in quel sanguinamento. Non ci sono streghe dietro alle colleghe che si recano in bagno senza nascondere con vergogna l’assorbente che hanno in mano.
Già le donne sono svantaggiate nel mondo del lavoro per la possibilità che si assentino a causa di una gravidanza, mi sembra del tutto controproducente estendere questa differenza a tutta la vita riproduttiva.
Esiste la dismenorrea, così come il mal di schiena o l’emicrania, per cui si possono chiedere giorni di malattia oppure la giustificazione dei genitori per restare a casa da scuola. Sono condizioni patologiche, si indagano, si curano. Ma come non si dà un congedo emicrania a tutti gli uomini che soffrono periodicamente di mal di testa, così non ha senso prevederlo a priori per tutte le donne, offrendo il fianco ad abusi e diseguaglianze da un lato e a discriminazioni ingiustificate dall’altro.
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