Si dice in Villa - Per difenderci da varianti o nuovi coronavirus, forse conviene cambiare bersaglio

  • Roberta Villa
  • Uniflash
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Alla fine del 2022, la Task Force per l’emergenza dell’Agenzia Europea per i medicinali (EMA) mise in guardia l’ente regolatorio, e con lui governi e medici di tutta Europa: con l’evolversi delle varianti e ricombinanti di SARS-CoV-2 a cui stiamo assistendo è improbabile che gli anticorpi monoclonali attualmente disponibili possano essere ancora utili a trattare Covid-19. Restano gli antivirali, con tutti i loro limiti. E naturalmente i vaccini, che riescono ancora a ridurre in maniera significativa (sebbene non lo annullino) il rischio di forme gravi e il numero dei decessi, ma hanno perso lo smalto che mostravano nei confronti del virus originario.

La ricerca quindi non si ferma. Gli immunologi continuano a cercare nuovi bersagli per la sintesi di anticorpi monoclonali ad ampio spettro da usare come cura o profilassi dell’infezione. Da questi risultati, specularmente, potrebbero in teoria derivare anche nuovi vaccini capaci di indurre un’immunità attiva più duratura, non solo nei confronti delle mille sottovarianti e ricombinanti di SARS-CoV-2 che si stanno selezionando in tutto al mondo, ma possibilmente anche di altri coronavirus che potrebbero emergere nei prossimi anni. Uno spiraglio viene da un lavoro condotto a Stanford e pubblicato su Science, che descrive l’efficacia ad ampio spettro di alcuni anticorpi prodotti dai macachi in risposta alla vaccinazione con un prodotto monovalente a subunità adiuvato con il cosiddetto “squalene”, AS03.

 

Tramontato l'aggiornamento annuale

La velocità con cui il virus continua a evolversi rende infatti per il momento impraticabile lo scenario immaginato inizialmente, quando si pensava a un aggiornamento annuale dei vaccini, sulla base delle varianti prevalenti, un po’ come si fa con l’influenza. Forse ci arriveremo, ma intanto nei laboratori si perseguono altre strade: trovare sulla spike epitopi che si conservano più di altri durante l’evoluzione del virus o puntare su altre proteine virali che riescano comunque a indurre una risposta anticorpale neutralizzante. Eventualmente, con l’aiuto dell’intelligenza artificiale, disegnare su misura anticorpi monoclonali perfino più efficaci di quelli naturali. Oppure, con un totale cambio di prospettiva, ignorare il virus e guardare all’ospite.

È questo l’approccio di uno studio appena uscito su Nature Microbiology, che parte da un semplice assunto: SARS-CoV-2 continua a modificare la sua spike sotto la pressione evolutiva degli anticorpi prodotti da milioni di persone infette, ma tutte queste varianti e sottovarianti, presenti e future, entrano nelle cellule legandosi - non solo, ma prevalentemente -, al recettore ACE2. Invece che neutralizzare il virus, perché non provare a bloccargli l’accesso alle cellule occupandone la porta di ingresso? In questo modo, tra l’altro, ci si potrebbe far trovare pronti anche davanti a futuri sarbecovirus emergenti, che avranno una spike di cui è impossibile oggi prevedere la sequenza.

I ricercatori della Rockfeller University di New York sono quindi riusciti a generare sei diversi anticorpi monoclonali umani che si legano al recettore ACE2, invece che alla spike, impedendo anche a basse concentrazioni l’infezione da parte di tutti i sarbecovirus testati, compreso il virus originario di Wuhan, l’aggressiva variante delta e diverse forme di omicron.

Il legame al recettore ACE2 avviene in una sede distale della proteina rispetto alla porzione enzimatica attiva che converte l’angiotensina e non modifica la sua espressione sulla superficie cellulare, per cui non si prevedono effetti indesiderati a questo livello. Nel modello animale questi anticorpi monoclonali riescono a impedire l’infezione: aspettiamo il passaggio alla fase clinica per capire se sarà possibile arrivare a prodotti adatti alla prevenzione e alla cura di tutte le varianti di SARS-CoV-2, e forse anche del prossimo coronavirus che riuscirà a fare il grande salto dello spillover venendo a minacciare l’umanità con una nuova epidemia.