Si dice in Villa - Ciak! Si vota

  • Roberta Villa
  • Uniflash
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Poche altre volte una tornata elettorale ha interessato da vicino i medici,e più in generale gli operatori sanitari, come quella che si terrà domenica e lunedì prossimi, 12 e 13 febbraio, in Lombardia e Lazio.

La prova della pandemia ha infatti impietosamente scoperchiato tutti i molteplici punti di vulnerabilità del sistema: la carenza di personale, più evidente in alcune posizioni cruciali, associata anche a un’età media dei professionisti sempre più avanzata; i deficit delle strutture e delle strumentazioni ospedaliere, come posti letto in terapia intensiva e ventilatori, ma anche e soprattutto di una capillare presenza sul territorio, in termini di prevenzione e assistenza socio-sanitaria integrata; l’assenza di un’efficace comunicazione interna, in entrambe le direzioni, tra il personale sul campo e i livelli decisionali più alti, ma anche quelli intermedi; il peso della burocrazia, che per le procedure legate a covid-19 ha superato il livello di guardia; l’arretratezza o l’inadeguatezza della digitalizzazione, mentre si continua a guardare con speranza (ma più citandola nei convegni che applicandola nella pratica) alla telemedicina.

Negli ultimi mesi, complici l’abbandono di tutte le misure non farmacologiche e il ritorno dopo la tregua della pandemia delle malattie infettive tipiche della brutta stagione, decine di migliaia di cittadini sono rimasti senza un medico o un pediatra di riferimento, per cui l’emergenza è tornata a farsi pesantemente sentire nei pronto soccorso.

Solo in Lombardia mancano 1.120 dirigenti medici e 1.521 infermieri, un vuoto che difficilmente potrà essere risolto solo promettendo più assunzioni o accogliendo richieste provenienti dall’estero, dal momento che, oltre alle questioni di lingua ed equipollenza delle abilitazioni, lo sbilanciamento tra richiesta e offerta per queste professioni è globale. La concorrenza, quindi, è spietata.

Drammatica in molti settori è la situazione delle liste d’attesa, già ingolfate prima della pandemia, che oggi faticano a smaltire le prestazioni accumulate negli ultimi tre anni, come ha descritto Milena Gabanelli nel suo Dataroom sul Corriere della Sera. Di conseguenza a tutto ciò, la rabbia dei cittadini esplode sempre più spesso sul personale sanitario, anche quando questo non è direttamente responsabile dei disservizi, e i casi di violenza accentuano la tendenza ad abbandonare i presidi sanitari più esposti.

Insomma, le questioni sul tavolo sono tante e tutti i candidati, qualunque sia il loro colore politico, ne sono consapevoli. Così come sono consapevoli che, se già la sanità è governata prevalentemente a livello regionale – un’impostazione che non è stata scalfita nemmeno dall’emergenza pandemica -, il nuovo scatto in avanti verso l’autonomia messo in cantiere dal governo Meloni accentuerà ulteriormente prerogative e responsabilità di chi sarà eletto. Cambiano tra le diverse parti le proposte, se non di soluzioni immediate, almeno di approccio, per esempio in relazione al rapporto tra sanità pubblica e privata, che soprattutto in Lombardia è uno snodo essenziale e uno dei punti di maggiore distanza tra le proposte dei candidati.

Pur non essendo una consultazione a livello nazionale, infine, la votazione dei prossimi giorni potrebbe influire sulle scelte che verranno prese nei prossimi mesi e anni anche a livello ministeriale. Coinvolge infatti due tra le regioni più popolose di Italia, dove negli ultimi anni sono stati perseguiti modelli molto diversi. Saranno chiamati alle urne oltre 12 milioni di elettori, di cui quasi 8 in Lombardia, la regione italiana con più medici (oltre 50.000), seguita proprio dal Lazio. Fatevi sentire.