Si dice in Villa - Il mercato nero degli antivirali

  • Daniela Ovadia — Agenzia Zoe
  • Attualità mediche
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di Roberta Villa

I danni provocati dalle diseguaglianze a volte sono davvero imprevedibili: per i trattamenti anti covid-19 ora emerge anche il rischio del mercato nero indotto dallo scarso accesso ai farmaci, oltre che ai vaccini, nella risposta contro covid-19 nei Paesi a medio e basso reddito. Secondo dati della Duke University, ai primi di aprile 2022, due terzi della produzione di molnupiravir, il primo antivirale a essere stato autorizzato, erano già stati acquistati dai Paesi ad alto reddito. Le dosi lasciate a disposizione degli altri, che in termini di popolazione rappresentano la stragrande maggioranza. Tre quarti degli abitanti del globo infatti vivono in Paesi a medio reddito, e, come quelli ancora più poveri, aspirano ad avere le stesse opportunità dei più ricchi.

L’azienda produttrice ha dichiarato di avere strategie per accelerare l’accesso al medicinale in tutto il mondo, tanto che ha già iniziato a fornire licenze volontarie per la produzione del generico per i Paesi a medio e basso reddito: direttamente a cinque società indiane e tramite l’organizzazione delle Nazioni Unite Medicines Patent Pool (MPP) a un’altra trentina. Un’indagine realizzata dalla sezione investigativa del BMJ denuncia però che, accanto alle società autorizzate - i cui farmaci vengono controllati perché siano equivalenti a quelli di marca - altri soggetti hanno iniziato a sintetizzare e vendere illegalmente prodotti non verificati e potenzialmente pericolosi perché non rispondenti agli stessi criteri di qualità. Chi li ordina online non ha modo di accertarsene, e in più, senza la guida di un medico che li prescrive, non può ricevere indicazioni sull’opportunità di prenderli o sulle accortezze da avere durante e dopo il trattamento. Le proprietà mutagene di molnupiravir, per esempio, sono ancora oggetto di studio, tanto che non solo ne è controindicata l’assunzione in gravidanza, ma la Food and Drug Administration americana raccomanda l’uso di un affidabile metodo contraccettivo per almeno tre mesi dopo la fine della terapia. Con le cure “fai da te”, c’è una concreta possibilità che non si tenga conto di queste precauzioni.

I governi del Messico e delle Filippine hanno quindi messo in guardia i loro cittadini dai rischi dell’acquisto abusivo online di un prodotto che, tra l’altro, anche nella sua versione “griffata”, presenta grossi limiti. Lanciato dalla Merck in base ai dati preliminari come farmaco capace di dimezzare il rischio di ricovero e morte in pazienti con malattia lieve o moderata ad alto rischio, la sua efficacia è stata largamente ridimensionata nel momento in cui è stata pubblicata l’analisi finale del trial di autorizzazione. A conti fatti, l’antivirale poteva vantare di ridurre il rischio di un deludente 30%, contro il quasi 90% del diretto concorrente Paxlovid di Pfizer. Ulteriori studi hanno gettato altra acqua sul fuoco dell’entusiasmo di chi sperava di avere una valida alternativa per i tanti pazienti in cura con altri farmaci con cui paxlovid interagisce, per cui questo è controindicato.

Milioni di dosi di molnupiravir giacciono quindi nei magazzini dei Paesi più ricchi, che non sanno che farsene, mentre i cittadini dei Paesi a medio e basso reddito ne vanno a caccia. In Messico, per esempio, quando a gennaio è arrivata la maggiore ondata dall’inizio della pandemia, su Google si sono impennate le ricerche relative al farmaco e ai modi per ottenerlo. Almeno due aziende (Azista e Merit Organics) hanno cominciato a distribuire online le loro versioni generiche non autorizzate a 600 euro a ciclo, un prezzo superiore a quello del prodotto di marca, cui però era difficile accedere attraverso le strutture sanitarie. Ma il fenomeno è globale, e i prezzi variabili. I giornalisti investigativi del BMJ hanno per esempio rintracciato un sito ( buymolnupiravironline.com), che sembra avere base a Londra e che vende un ciclo completo per meno di 150 euro.

Intanto in Europa e negli Stati Uniti molnupiravir si usa sempre meno. AIFA riferisce che da metà gennaio ai primi di maggio in Italia hanno ricevuto le compresse antivirali meno di 40.000 pazienti, di cui quasi 25.000 hanno avuto molnupiravir, disponibile già dal 13 gennaio 2022. Nella settimana a cavallo tra aprile e maggio, però, le richieste di questo antivirale sono calate di oltre il 20% rispetto alla settimana precedente, più di quanto sia diminuita la richiesta di paxlovid. Secondo l’Istituto per la revisione clinica ed economica dei farmaci (ICER) non ci sono prove solide che molnupiravir offra significativi vantaggi in più rispetto al solo trattamento sintomatico. Anche se questa valutazione fosse ingenerosa, certamente non vale la pena di correre i rischi di procurarsi per via illegale prodotti di origine ignota nella speranza di ridurre minimamente il rischio di ricovero in persone con forme già lievi di covid-19, che per lo più, essendo ad alto rischio, dovrebbero essere già tutte vaccinate.