Sanguinamento gastrointestinale e NAO: il punto sul problema
- Paolo Spriano
- Uniflash
I nuovi anticoagulanti orali diretti (NAO) hanno dimostrato di funzionare efficacemente nella prevenzione e nel trattamento della trombosi e rappresentano i principali farmaci terapeutici nella prevenzione del tromboembolismo venoso (TEV) e dell'ictus ischemico in soggetti con fibrillazione atriale (1) .
Rispetto al warfarin, i NAO hanno dimostrato un’azione rapida, una farmacodinamica prevedibile, eliminando così la necessità di un monitoraggio terapeutico regolare e hanno minori interazioni cibo-farmaco o farmaco-farmaco (2).
Un problema significativo per i pazienti sottoposti a terapia anticoagulante orale con warfarin è sempre stato il sanguinamento gastrointestinale (SGI) e anche in seguito dell'introduzione dei NAO questo rischio persiste ed è variabile rispetto alle singole molecole.
Rischio sanguinamento gastro-intestinale e anticoagulanti orali
Gli effetti anticoagulanti dei NAO si manifestano per azione diretta su singoli enzimi. Apixaban, edoxaban e rivaroxaban sono inibitori del fattore Xa della coagulazione, mentre la trombina è inibita direttamente da dabigatran. Queste caratteristiche consentono la somministrazione di una dose prevedibile senza la necessità di monitoraggio plasmatico dei fattori della coagulazione.
L'efficacia e la sicurezza dei NAO sono aspetti indagati in diversi studi clinici e ci sono evidenze a supporto dell’ipotesi che il rischio di SGI dipenda dal loro regime terapeutico.
Una meta-analisi di RCT di fase III ha mostrato che, rispetto a warfarin, rivaroxaban (rapporto di rischio [RR]: 1,46; 95% CI: 1,2-1,8), alto dosaggio di edoxaban (RR: 1,22; 95% CI: 1,01- 1,47) e dabigatran (RR: 1,50; 95% CI: 1,20-1,88) hanno aumentato significativamente il sanguinamento mentre con apixaban è stato rilevato un effetto nullo (3).
Una meta-analisi più recente ha incluso un totale di 43 studi randomizzati, per un totale di 166.289 pazienti. Non hanno mostrato differenze tra i DOAC e gli anticoagulanti convenzionali nel rischio di sanguinamento maggiore (1,5 vs 1,3%, rispettivamente; HR: 0,98; 95% CI: 0,80-1,21) o sanguinamento non maggiore clinicamente rilevante (0,6 vs 0,6%, rispettivamente; HR: 0,93; IC 95%: 0,64-1,36). Dabigatran (rispettivamente 2,0 contro 1,4%; HR: 1,27; IC 95%: 1,04–1,55) e rivaroxaban (rispettivamente 1,7 contro 1,3%; HR: 1,40; IC 95%: 1,15–1,70) sono stati collegati ad un aumento probabilità di GIB maggiore rispetto all'anticoagulazione convenzionale. Tuttavia, tale differenza non è stata osservata per apixaban (rispettivamente 0,6 vs 0,7%; HR: 0,81; IC 95%: 0,64-1,02) o edoxaban (1,9 vs 1,6%, rispettivamente; HR: 0,93; IC 95%: 0,78). –1.11).(4)
Dati che indicherebbero un aumento del rischio di SGI associato all'uso di dabigatran e rivaroxaban rispetto a warfarin, ma la precauzione per un giudizio definitivo è d’obbligo perché i criteri di inclusione degli RCT sui NAO erano molto rigorosi e hanno portato a selezionare solo quei pazienti con un rischio relativamente basso di SGI, rendendo di possibile impossibile generalizzare i risultati rispetto alla popolazione generale. Inoltre, la disponibilità limitata di RCT che hanno studiato solo i SGI maggiori, condiziona una possibile sottovalutazione del rischio per tutti i SGI (5).
Diversi studi osservazionali hanno confrontato il rischio di SGI rispetto a diversi regimi NAO. Tuttavia, i risultati sono limitati per diversi fattori concorrenti come: una definizione incoerente di SGI; bias selettivi a causa della natura osservazionale dello studio; mancanza di uno studio comparativo per tutti i regimi NAO; prescrizione di dosi più basse di NAO; e scarsa aderenza dei pazienti. Pertanto, diventa difficile fare un confronto tra i risultati osservazionali e quelli della meta-analisi.
Rischio di SGI: il confronto tra i diversi NAO
I dati attuali disponibili indicano una possibile variabilità tra NAO rispetto al rischio SGI, con evidenza di una maggiore probabilità di SGI associata a rivaroxaban e dabigatran. I punteggi di propensione (propensity score) sono diventati una pietra angolare per risolvere i fattori distorsivi degli studi osservazionali che valutano i risultati dell'uso del trattamento nelle cure di routine. I metodi basati sul propensity score mirano all'inferenza causale negli studi osservazionali in modo simile agli studi randomizzati facilitando la misurazione delle differenze nei risultati tra la popolazione trattata e una popolazione di riferimento.
Rispetto al problema, un propensity score study (7) ha fornito informazioni utili a compensare i dati limitati delle analisidi popolazione che confrontano i tassi di SGI tra i diversi NAO. Lo studio dimostra che rivaroxaban è associato ad un aumento di SGI rispetto ad apixaban e dabigatran. Sono stati confrontati 2157 pazienti in trattamento con apixaban, 494 con dabigatran e 3217 con rivaroxaban. Per tutti i pazienti studiati, rivaroxaban ha avuto tassi complessivi più elevati di SGI (3,2 vs 2,5 eventi per 100 anni-persona; HR, 1,42 CI 95%, 1,04-1,93); ha evidenziato SGI maggiore rispetto ad apixaban (1,9 vs 1,4 eventi per 100 anni-persona; HR 1,50 CI 95%, 1,00-2,24) e tassi di SGI più elevati rispetto a dabigatran. In una valutazione che includeva solo i pazienti con fibrillazione atriale, rivaroxaban è stato associato a tassi più elevati di SGI complessivo rispetto ad apixaban (HR, 1,40 CI 95%, 1,01-1,94]) e dabigatran (HR, 2,04 CI 95%, 1,17-3,55).
Questi dati offrono un contributo aggiuntivo alle prove di evidenza disponibili sul rischio di SGI rispetto ai NAO e utile a guidare i clinici nella valutazione rischio-beneficio rispetto alla scelta più appropriata tra le varie molecole anticoagulanti per i singoli pazienti.
L'accesso al sito è limitato e riservato ai professionisti del settore sanitario
Hai raggiunto il massimo di visite
Registrati gratuitamente Servizio dedicato ai professionisti della salute