Russia e Ucraina, il prezzo della guerra sui sistemi sanitari locali
- Roberta Villa
- Uniflash
Secondo un nuovo rapporto di EyeWitness to Atrocities, Insecurity Insight, Media Initiative for Human Rights, Physicians for Human Rights, e dell’Ukrainian Healthcare Center, dall’inizio dell’invasione russa al 31 dicembre 2022 in Ucraina sono stati documentati più di 700 attacchi al sistema sanitario, di cui quasi 220 hanno danneggiato ospedali o cliniche (pari al 9% del totale), 181 ad altre strutture come farmacie, centri dentistici, banche del sangue o centri di ricerca), 65 diretti contro ambulanze e 86 sul personale medico, un dato probabilmente sottostimato. Difficile pensare che si tratti di danni collaterali o di bersagli colpiti per errore, se si pensa che il Severodonetsk Multiprofile Hospital di Luhansk tra marzo e maggio 2022 è stato attaccato dieci volte.
Mentre Vladimir Putin è indagato dalla Corte internazionale dell’Aja per crimini di guerra e contro l’umanità, le sue scelte non mettono in ginocchio solo il Paese che ha invaso, ma anche il suo.
Se molti sistemi sanitari nel mondo hanno infatti sofferto negli ultimi mesi le conseguenze dirette e indirette della tempesta perfetta prodotta da pandemia, guerra e crisi energetica, i russi, secondo un articolo pubblicato su Lancet, si trovano attualmente in particolare difficoltà.
Sebbene le sanzioni imposte dai Paesi occidentali in risposta all’invasione dell’Ucraina per ora non riguardino medicinali e apparecchiature sanitarie, la carenza di farmaci è ben più grave di quella sperimentata in Europa nelle scorse settimane, anche a causa di una stagione influenzale più intensa e prolungata che mai. Lo ha ammesso perfino Putin, a fine gennaio. Come da noi, tanto più dove il futuro è ancora più incerto, chi può ha fatto scorte, riducendo la disponibilità di prodotti sugli scaffali delle farmacie. Le aziende straniere hanno ridotto le loro operazioni o chiuso le sedi in Russia e le difficoltà con i pagamenti e la logistica rendono più difficili le importazioni. Mancano soprattutto farmaci oncologici avanzati e terapie per le malattie rare, in genere reperite all’estero, e che è più difficile trovare in Cina e India, Paesi che continuano a rifornire la Russia. Alcune organizzazioni si sarebbero quindi rivolte alle Nazioni Unite, mentre il governo si è impegnato a raggiungere con la produzione interna l’88% del fabbisogno di medicinali dal 60% attuale.
Anche sui macchinari i russi dovranno forse imparare a fare da sé. Per il momento, le sanzioni non riguardano riparazione e manutenzione delle apparecchiature sanitarie, ma le autorità starebbero considerando l’ipotesi di autorizzare le strutture a usare pezzi di ricambio non originali. “È un po’ come ai tempi dell’Unione Sovietica” ha dichiarato a Lancet un infettivologo che ha chiesto di restare anonimo per evitare ritorsioni: “I farmaci e i servizi essenziali ci sono, ma al di là di questi c’è carenza di tutto”.
L’impoverimento della popolazione farebbe sì che un numero crescente di paziente si trovi a dover scegliere tra acquistare il cibo o pagarsi le cure.
L’aumento del prezzo degli antibiotici, intanto, avrebbe spinto alcuni ospedali a interrompere l’esecuzione di procedure come artroplastiche e impianti di protesi articolari, anche se per la maggior parte della popolazione le cose non sono particolarmente cambiate. Il sistema sanitario russo è in crisi da molti anni, con la maggior parte delle infrastrutture che non vengono rinnovate da 70 anni, come ammesso dalla ministra della salute Veronika Skovrtsova. Le riforme sono fallite, la corruzione è dilagante e gli stipendi dei medici molto bassi.
A causa di tutto questo, la maggior criticità sembra essere il morale dei medici. La tentazione di espatriare in altri Paesi, dove la loro professionalità sarebbe molto richiesta, è alta, ma da settembre 2022 è proibito agli operatori sanitari lasciare la Russia, dove potrebbero essere da un momento all’altro richiamati per assistere i soldati al fronte.
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