Quanto si sopravvive a un cancro al polmone? I dati real-world dall’Italia
- Cristina Ferrario
- Uniflash
Il burden di malattia, ma anche il trattamento di radioterapia mediastinica rappresentano due dei fattori meglio correlati con la sopravvivenza dei pazienti con tumore del polmone a piccole cellule (SCLC) nello stadio “extensive” (ES).
“Le potenziali relazioni con la prognosi sono state studiate senza grande successo in pazienti con malattia in questo stadio avanzato che si contrappone a quella in stadio limitato” scrivono sulle pagine della rivista Thoracic Cancer gli autori di uno studio guidato da Vito Longo, dell’IRCCS-Istituto Tumori “Giovanni Paolo II” di Bari.
Nella ricerca sono stati valutati in modo retrospettivo i dati real-world relativi a 244 pazienti con ES-SCLC valutati presso il centro pugliese nell’arco di 10 anni, dal 2010 al 2020.
“La maggior parte dei pazienti è stata trattata prima che l’immunoterapia venisse raccomandata in aggiunta alla chemioterapia per il trattamento di prima linea di questo tumore” affermano i ricercatori. “Quasi tutti i partecipanti sono stati quindi trattati con prima linea a base di sola chemioterapia, il 55% cisplatino/etoposide e il 40% con carboplatino/etoposide” aggiungono, spiegando che solo il 5% ha ricevuto una combinazione di chemio- e immunoterapia.
A conti fatti le analisi mostrano una sopravvivenza generale (OS) di 8 mesi, più bassa di quella riportata in letteratura e inoltre, i pazienti trattati nei primi 5 anni del periodo di studio (2010-2015) hanno mostrato sopravvivenze migliori. Secondo i ricercatori, la prima osservazione è legata almeno in parte al fatto che i dati analizzati in questo studio sono retrospettivi e riguardano pazienti “real-world”, mentre i dati di letteratura derivano da studi clinici. Per quanto riguarda la differenza tra i due periodi dello studio, gli autori suggeriscono che sia determinata dall’inclusione di pazienti anche poco “fit” (e quindi con un punto di partenza meno ottimale) nei trattamenti più moderni.
Tra i fattori identificati come favorevoli o sfavorevoli in termini di prognosi, il numero crescente di linee di chemioterapia e la radioterapia mediastinica sono risultate particolarmente importanti. “Dei 23 pazienti che hanno raggiunto una sopravvivenza ≥24 mesi, il 39% aveva ricevuto 4 linee di chemioterapia e quasi la metà (48%) radioterapia mediastinica” scrivono Longo e colleghi.
“Con l’avvento dell’immunoterapia in prima linea è fondamentale identificare nuovi biomarcatori che siano fattori prognostici” concludono.
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