Qual è il legame tra carcinoma epatocellulare e acido perfluoroottansolfonico?

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Secondo uno studio pubblicato su JHEP Reports, i soggetti esposti ad alti livelli di acido perfluoroottansolfonico (PFOS), una sostanza chimica sintetica ampiamente utilizzata, sono a maggior rischio di sviluppare il carcinoma epatocellulare.

La correlazione non dimostra che il PFOS è la causa di questo tumore ed è necessaria maggiore ricerca; nel frattempo si dovrebbe limitare l’esposizione a questa ed altre sostanze della stessa classe, afferma il dott. Jesse Goodrich, PhD, ricercatore post-dottorato in medicina ambientale presso la University of Southern California a Los Angeles.

"Se si è a rischio di sviluppare tumori epatici per la presenza di altri fattori di rischio, queste sostanze chimiche possono potenzialmente diventare fattori scatenanti", rivela a Medscape Medical News.

Le sostanze polifluoroalchiliche (PFAS), denominate "sostanze chimiche indistruttibili" (“forever chemicals”) perché la loro degradazione può richiedere migliaia di anni, sono presenti nei cosmetici, negli imballaggi alimentari, negli indumenti impermeabili, nelle pentole antiaderenti, nelle schiume antincendio e nelle falde acquifere. “È impossibile evitarle”, afferma il dott. Goodrich.

Alta esposizione, maggiore incidenza

Per misurare la correlazione tra esposizione alle PFAS e incidenza di carcinoma epatocellulare in modo più definitivo, il dott. Goodrich e colleghi hanno analizzato i dati dello Studio di coorte multietnico (Multiethnic Cohort Study), una coorte di oltre 200.000 soggetti di origine africana, latina, nativa hawaiana, giapponese ed europea monitorati dai primi anni ’90. Circa 67.000 partecipanti hanno fornito campioni di sangue dal 2001 al 2007.

50 soggetti di questa coorte hanno successivamente sviluppato il carcinoma epatocellulare. I ricercatori hanno appaiato questi pazienti a 50 partecipanti di controllo con simile età al momento del prelievo di sangue, sesso, razza, etnia e regione dello studio che non hanno sviluppato un tumore.

I soggetti con più di 54,9 μg/l di PFOS nel sangue prima dell’eventuale diagnosi di carcinoma epatocellulare hanno evidenziato una probabilità quasi quintuplicata di sviluppare il tumore (OR=4,5; P=0,02).

È stata osservata una sovrapposizione tra alti livelli di PFOS, carcinoma epatocellulare e alti livelli di glucosio, acido butirrico (un acido grasso a catena corta), acido α-chetoisovalerico (un α-chetoacido a catena ramificata) e 7α-idrossi-3-osso-4-colestenoato (un acido biliare). Studi precedenti hanno associato questi metaboliti a disturbi metabolici e malattie epatiche.

Mitigazione del rischio

L’emivita delle PFAS nel corpo umano è di circa 3–7 anni, afferma il dott. Goodrich.

“Una volta presenti, non si può fare molto”, sottolinea. “Pertanto, l’attenzione va rivolta innanzitutto a prevenire l’esposizione”.

Il dott. Goodrich afferma che è possibile limitare l’esposizione evitando l’acqua contaminata con PFAS o eliminando le PFAS mediante filtrazione. Consiglia di evitare il pesce proveniente da acque contaminate e le pentole antiaderenti.

Fornire ai pazienti raccomandazioni personalizzate è tuttavia difficile, ha affermato il Dott. Vincent Chen, MD, un istruttore clinico in gastroenterologia presso l’University of Michigan, Ann Arbor, che non era coinvolto nello studio. La maggior parte dei medici non conosce i livelli di PFOS dei propri pazienti.

“E fare un test non è così semplice”, afferma il Dott. Chen.

Il dott. Goodrich ricorda che è anche possibile mitigare i fattori di rischio del carcinoma epatocellulare, come una dieta poco sana, la mancanza di attività fisica e il fumo.

Dopo la correzione per l’indice di massa corporea, non è stata osservata alcuna associazione significativa tra PFOS e carcinoma epatocellulare (P=0,11).

Per contro, la correzione per il diabete non ha modificato la significatività della correlazione tra PFOS e carcinoma epatocellulare (OR=5,7; P=0,04).