Probiotici, le regole per la somministrazione sicura

  • Elena Riboldi
  • Uniflash
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L’utilizzo dei probiotici è sempre più diffuso. Ma sono davvero sicuri? Gli esperti dell’International Scientific Association for Probiotics and Prebiotics (ISAPP), un’organizzazione non profit dedicata alla scienza di probiotici e prebiotici, hanno fatto il punto sui possibili rischi legati all’introduzione di nuove specie e di quelli legati alla produzione e alla somministrazione dei prodotti.

 

Cosa sono i probiotici

Secondo la definizione ufficiale, i probiotici sono “microrganismi vivi che, se somministrati in adeguata quantità, conferiscono benefici alla salute dell’ospite”. Questi benefici sono stati documentati da diversi studi, la cui quantità, e soprattutto qualità, è andata crescendo nel tempo.

Le prime ricerche, per lo più relative al consumo di alimenti fermentati, non prestavano particolare attenzione ai possibili rischi per la salute. Negli studi più recenti, in cui in cui i probiotici sono assimilati a farmaci, si è iniziato a monitorare gli eventi avversi, data anche la maggiore consapevolezza sul fatto che prodotti contenenti microrganismi vivi potrebbero avere effetti a lungo termine sul microbiota, sul sistema immunitario e non solo.

Gli esperti dell’ISAPP, durante il meeting annuale tenutosi nel 2022 in Spagna, hanno organizzato una tavola rotonda sulle questioni emergenti circa la sicurezza dei probiotici. Le conclusioni della discussione sono state sintetizzate in un articolo pubblicato ora sulla rivista Gut Microbes.

 

Primo, caratterizzare

“Una base per valutare la sicurezza di un qualunque ceppo probiotico è il sequenziamento genomico completo” scrivono gli esperti dell’ISAPP, sostenendo che ciò consente di assegnare il ceppo a un gruppo tassonomico, e quindi collegarlo a eventuali rischi già noti, di tracciare il ceppo durante la produzione e di studiare l’eziologia di eventuali infezioni sospette. 

Lo studio del genoma permette anche di verificare la presenza di eventuali geni problematici. “Uno dei timori è la situazione teorica in cui geni di antibiotico-resistenza di cui il probiotico è portatore possano essere trasferiti a potenziali patogeni residenti, ad altri microbi che colonizzano l’ospite e/o a microbi ambientali, aumentando così il pool di geni di resistenza antimicrobica” sottolineano.

 

Secondo, fare attenzione alla qualità

La sicurezza dei probiotici dipende certamente dalla formulazione dei prodotti, di cui vanno accertati purezza, potenza (ovvero la quantità di microrganismi trasmessi all’ospite) e composizione finale. Possibilmente la corrispondenza agli standard di qualità andrebbe accertata da una parte terza.  

Occorre verificare con attenzione la presenza di eventuali contaminanti. “Desta particolare preoccupazione la presenza di contaminanti vivi indesiderati – rimarcano gli esperti dell’ISAPP –. Dal momento che i probiotici sono progettati per essere somministrati come microbi vivi, la contaminazione con microrganismi patogenici o potenzialmente patogenici presenta un rischio maggiore di quello associato a prodotti che vengono sottoposti a sterilizzazione”. Le verifiche dovrebbero essere particolarmente stringenti quando il prodotto è destinato a popolazioni più vulnerabili, come i neonati prematuri. “Sono problemi anche la presenza di allergeni e di altri contaminanti  – aggiungono – ma non lo sono per i probiotici più di quanto non lo siano per qualunque altro prodotto”.

 

Terzo, somministrare correttamente

Perché siano sicuri, i probiotici vanno anche somministrati nella maniera adeguata. Ciò significa utilizzare la via di somministrazione appropriata e manipolare il probiotico in modo corretto prima della somministrazione. Dose e formulazione finale devono essere quelle che si sono dimostrate sicure. La sicurezza di probiotici derivati da specie che non hanno una storia di utilizzo sicuro andrebbe valutata caso per caso.

Bisogna tenere conto di eventuali comorbidità o condizioni specifiche del soggetto a cui sono somministrati i probiotici. “Per esempio, una preoccupazione legata alla somministrazione è la potenziale cross-contaminazione dell’ambiente ospedaliero e del paziente vulnerabile una volta che il probiotico è aperto e usato in loco. Mescolare un probiotico essiccato in stanze di ospedale ha portato all’infezione di cateteri venosi – spiegano – e lo studio PROPATRIA ha sollevato preoccupazioni sulla possibile controindicazione della somministrazione nasogastrica di alcune formulazioni in pazienti in condizioni critiche”.

 

Quarto, vigilare

Gli esperti dell’ISAPP raccomandano l’implementazione di sistemi di sorveglianza che facilitino la registrazione di eventuali eventi avversi dei probiotici. Vanno monitorati gli effetti sia a breve che a lungo termine, tra cui la possibile alterazione del microbiota e il possibile impatto sul metabolismo dei farmaci. “Potenziali problemi sul lungo periodo sono difficili da affrontare poiché i dati sono limitati – riconoscono gli esperti –. L’approccio per i probiotici dovrebbe allinearsi agli approcci regolatori usati per altri farmaci biologici”.