Pochi investimenti nei biofarmaci
- Fabio Turone
- Uniflash
L’Italia è un polo biotecnologico di eccellenza, e primo nell’Unione europea in termini di produzione, ma potrebbe fare ancora meglio, se si attuassero alcune politiche di sostegno al settore. È questa la conclusione di un rapporto sul mercato Biotech Life Sciences in Italia realizzato dalla società di consulenza Ernst & Young (E&Y), presentato questa settimana nel corso dell'evento "La salute oltre gli slogan" organizzato a Roma dall’associazione di produttori Federchimica Assobiotec.
A oggi Il mercato dei biofarmaci vale il 35% del totale in termini di vendita, e il 40% in termini di sviluppo di nuovi farmaci, e secondo le stime potrebbe triplicare nei prossimi 5-6 anni. Secondo il presidente di Assobiotec-Federchimica Fabrizio Greco, però, “serve un rapido cambio di rotta per non restare esclusi dalla competizione in un settore strategico per la salute delle persone e per la crescita economica”.
In particolare, il rapporto segnala la necessità di garantire nel breve periodo la piena attuazione del regolamento EU sulle sperimentazioni cliniche, agevolare i processi burocratici per garantire l’accesso rapido alle terapie innovative, snellire i processi autorizzativi per incentivare l’apertura di nuove biofficine e promuovere le collaborazioni pubblico-privato per l’utilizzo efficiente delle risorse del PNRR che mirano al rafforzamento della filiera della salute.
“Quello del biofarmaceutico, ci confermano nuovi dati EY, è un mercato estremamente interessante con prospettive di sviluppo nel prossimo futuro concrete. Si stima che il settore biotech nelle Life Science passerà da 223 miliardi di euro nel 2020 a 731 miliardi nel 2028” ha aggiunto Greco. “Purtroppo, però, nel nostro Paese, nonostante la riconosciuta eccellenza nella ricerca di base e nel capitale umano, ci sono tanti blocchi che sono una reale minaccia allo sviluppo del settore”.
Il confronto con paesi europei a noi vicini forniscono un’idea del divario attuale. Nel 2020, gli investimenti in ricerca e sviluppo nelle scienze della vita ammontavano in Italia a 1.660 milioni di euro: circa un terzo dei 4.451 della Francia e circa un quinto dei 7.813 della Germania.
Sul fronte degli investimenti da parte di venture capital – ovvero di investitori specializzati in start-up e in aziende con una elevata potenzialità di fallimento – il confronto è ancor più impietoso: seppure in crescita di circa il 50% rispetto al 2019, si attestano a 62 milioni rispetto agli 884 in Francia (dove rispetto al 2019 sono cresciuti dell’88%).
Questo divario si spiega almeno in parte, secondo il rapporto di E&Y, con il ritardo nell’implementazione del Regolamento Europeo sui Clinical Trial che prevede, tra le altre cose, un numero massimo di 40 comitati etici entro la fine del 2022, mentre a fine novembre ce ne sono ancora 90, e con le lungaggini nelle pratiche di approvazione di nuovi stabilimenti produttivi e dell’accesso alle cure, che dilatano enormemente l’attesa rispetto per esempio a quanto accade in in Germania: “L'innovazione biotech viaggia a velocità straordinaria e sta letteralmente rivoluzionando i modelli di presa in carico e trattamento dei pazienti. Ma perché questa innovazione arrivi ai cittadini in tempi ragionevoli e uniformi su tutto il territorio nazionale, è necessario creare un ambiente favorevole che preveda un adeguato finanziamento della spesa farmaceutica, la rimozione degli ostacoli che, specie a livello regionale, rallentano l'accesso alle terapie disponibili, e che possa superare i vecchi modelli di pagamento a favore di nuovi che permettano di valorizzare appieno l’efficacia del trattamento e i conseguenti benefici nel tempo” ha commentato Annarita Egidi, del consiglio di presidenza di Assobiotec-Federchimica.
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