Più morti di quelli ufficiali nei periodi di picco pandemico


  • Daniela Ovadia — Agenzia Zoe
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di Fabio Turone (Agenzia Zoe)

I dati ISTAT di mortalità durante la seconda ondata di Covid-19 , che si fermano all'ultima settimana di novembre, segnalano un eccesso di mortalità molto superiore a quello attribuibile direttamente all'infezione da coronavirus (e annunciato giornalmente), tanto che un grafico del sito interattivo dell'Università di Oxford che circola sui social media sta sollevando numerosi interrogativi tra i medici.

"Al di là del ritardo con cui i dati ISTAT vengono messi a disposizione, il fatto che il numero dei morti in eccesso risulti molto superiore a quello dei morti per Covid-19 è in linea con le nostre osservazioni, per cui non ci sorprende" ha spiegato a Univadis Medscape l'epidemiologa Paola Michelozzi, del Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio, responsabile del sistema italiano di rilevamento della mortalità giornaliera (SISMG).

Il sistema, che è stato attivato nel 2007 per raccogliere dati sulle ondate di calore estive, opera solo su 32 città italiane, e così facendo riesce ad avere un quadro più aggiornato: "Grazie ai nostri dati abbiamo osservato che alla fine di dicembre l'eccesso di mortalità si è ridotto, rientrando nei limiti attesi in base all'andamento degli anni precedenti. Complessivamente, nel 2020 rispetto al 2015 si evidenzia uno scarto positivo della mortalità a partire dal mese di marzo; l’unico altro anno che mostra uno scarto positivo è la prima metà del 2017, quando in tutto il paese si sono verificati eventi di freddo intenso con un’epidemia influenzale a elevata incidenza, a fronte di una copertura vaccinale negli ultrasessantacinquenni molto bassa, intorno al 50%. Altro aspetto peculiare del 2020 è l’assenza di eventi estremi sia in termini di temperature sia di influenza stagionale" ha aggiunto. "Questo ha determinato una mortalità inferiore all’attesa, aumentyando paradossalmente il gruppo dei soggetti suscettibili ad alto rischio di decesso che si sono trovati esposti all’epidemia a fine febbraio. Questo potrebbe aver amplificato l’impatto iniziale dell’epidemia di COVID-19 nelle regioni più colpite".

Quanto alla mortalità in eccesso non attribuita al Covid-19, stimata attorno al 30%, è probabile che una quota sia dovuta a casi di infezione da coronavirus non diagnosticati: "Abbiamo visto che questo eccesso di mortalità riguarda soprattutto la popolazione anziana, oltre i 75 anni, ma a parte questo non abbiamo al momento elementi per ipotizzare quanti casi potenzialmente associati all'infezione non sono stati testati dopo la morte" ha spiegato ancora Michelozzi. "D'altra parte è noto che nel corso dei picchi epidemici ci sono giorni in cui il sistema sanitario non riesce a far fronte alle richieste, e va in tilt, con effetti difficili da stimare".

Una delle ipotesi è che almeno una parte dei decessi sia dovuta al cosiddetto "effetto harvesting", ovvero l'anticipazione di poche settimane o pochi mesi in soggetti particolarmente vulnerabili. Se è così, si osserverà nei dati un periodo di riduzione di mortalità rispetto alle attese, anche se la scomparsa quest'anno dell'epidemia influenzale potrebbe imporre anche una rivalutazione del dato di riferimento, la cosiddetta baseline.

Per analizzare più a fondo la mortalità in eccesso e i possibili determinanti, è in corso di pianificazione uno studio nazionale, che prevederà anche il confronto con il Regno Unito e forse altri Paesi, che valuterà le correlazioni con dati come il tasso di tamponi eseguiti, il tasso di incidenza dell'infezione, condizioni di salute e stili di vita.