Pazienti con AIDS, più attenzione ai reni e alle vie urinarie

  • Elena Riboldi
  • Uniflash
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In Italia, tra i soggetti affetti da AIDS è stato osservato un eccesso di mortalità per patologie, quasi esclusivamente di natura non oncologica, dei reni e delle vie urinarie rispetto alla popolazione generale. L’eccesso di mortalità è risultato particolarmente elevato tra i pazienti giovani, tra gli utilizzatori di droghe iniettabili e coloro in cui la positività per l’HIV ha preceduto di più di 6 mesi la diagnosi di AIDS. Gli autori dello studio da cui è emersa questa problematica invitano a implementare le raccomandazioni riguardo allo screening e alla gestione delle malattie renali tra i malati di AIDS.

Lo studio, a cui hanno collaborato l’Unità di epidemiologia del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano (CRO), il Centro Operativo AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità e l’Istituto Nazionale di Statistica, ha preso in esame il registro nazionale AIDS e il registro nazionale di mortalità relativamente al periodo 2006-2018. È stata confrontata la mortalità dei pazienti con AIDS, una coorte di 9.481 soggetti di età compresa tra 18 e 74 anni, con quella dei soggetti non affetti da AIDS (n=2.090.898).

Dei 2.613 pazienti con AIDS deceduti, il 10% aveva almeno una patologia del tratto urinario al momento della morte. Solo nell’0,3% dei pazienti la patologia era di natura oncologica, nella maggior parte dei casi si trattava di insufficienza renale (8,6%). Il tasso di mortalità standardizzato (SMR) per patologie dell’apparato escretore diverse dal cancro era 15,3 (95%CI 13,4-17,3) con un eccesso di mortalità statisticamente significativo sia per l’insufficienza renale acuta, che per quella cronica o non specificata. L’eccesso di mortalità era più elevato per i pazienti deceduti prima dei 50 anni, per le donne ancora più che per gli uomini. L’eccesso di mortalità era più alto anche per chi usava droghe iniettabili e per i cosiddetti “early tester”.

Le terapie per l’AIDS possono avere effetti nefrotossici, tuttavia gli autori ritengono che l’eccesso di mortalità che hanno osservato sia da ricondurre ad altro in quanto la maggior parte dei pazienti con AIDS compresi nella corte avevano un breve intervallo tra il primo test HIV positivo e la diagnosi di AIDS (“late tester”) e probabilmente non erano stati trattati con la terapia HAART. “Stili di vita non salutari, inclusi fumo, abuso di droghe e alcol, infezioni virali sessualmente trasmesse (es. HBV e HCV) sono più comuni tra gli individui infettati dall’HIV che nella popolazione generale – sottolineano gli autori dello studio nell’articolo pubblicato sulla rivista BMJ Open – Perciò possono essere almeno parzialmente responsabili dell’eccesso di mortalità per malattie del tratto urinario riportato dalla nostra ricerca, specialmente tra i pazienti con AIDS che hanno contratto l’HIV con l’iniezione di droghe, generalmente affetti da comorbilità”. Le fonti dei dati non hanno tuttavia permesso di verificare questa ipotesi.

“I nostri risultati sottolineano l’importanza di azioni preventive, specialmente tra i pazienti più giovani e quelli che si iniettano droghe – concludono gli autori – È inoltre essenziale valutare la funzione renale alla baseline prima di iniziare la HAART e monitorarla periodicamente nei pazienti con HIV. In anni recenti pannelli di esperti e internazionali hanno definito raccomandazioni per lo screening, la diagnosi e la gestione delle patologie renali indirizzate specificatamente ai pazienti HIV-positivi, tali raccomandazioni andrebbero implementate nella clinica pratica”.