Ospedale e farmacia alleati per la riconciliazione farmacologica
- Daniela Ovadia — Agenzia Zoe
- Attualità mediche
di Cristina Ferrario (Agenzia Zoe)
La stretta connessione ospedale-farmacia di territorio, una piattaforma informatica integrata e la partecipazione attiva dei pazienti sono i tre pilastri che consentono di ottimizzare la riconciliazione farmacologica. Lo spiega Alessandro Passardi, dell’IRCCS Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori (IRST) “Dino Amadori” di Meldola (FC), che assieme ai suoi colleghi ha presentato sulla rivista Journal of Medical Internet Research il progetto di riconciliazione farmacologica in oncologia messo in atto nell’Istituto Romagnolo.
“La riconciliazione farmacologica consiste nel descrivere in modo accurato e completo l’elenco delle terapie assunte dal paziente, incluse posologia e via di somministrazione, per confrontarle poi con quelle prescritte o presenti nella cartella clinica” esordiscono gli autori, spiegando che lo scopo di questo processo è ridurre il rischio di errori di omissione, duplicazione o dosaggio, oltre che gli effetti avversi delle terapie.
Da non dimenticare inoltre il risparmio economico legato alla riconciliazione: nel 2018, in Italia i costi degli errori nella terapia farmacologica hanno raggiunto i 5.659 milioni di euro. Non sorprende quindi che numerose agenzie internazionali, inclusa l’Organizzazione Mondiale della Sanità, abbiano sottolineato l’importanza di questa pratica.
A tutti gli effetti, lo studio PROF-1 (Progetto di Rete in Oncologia con le Farmacie di comunità della Romagna), descritto nell’articolo di Passardi e colleghi, punta proprio a creare una strategia e un nuovo modello di riconciliazione farmacologica in oncologia, coinvolgendo le farmacie di comunità. “Queste farmacie hanno un ruolo cruciale e il personale che vi lavora spesso instaura una relazione molto stretta con i clienti” precisano.
È quindi relativamente semplice per i farmacisti di comunità ottenere dai clienti tutte le informazioni sui medicinali o i supplementi assunti a domicilio e su questa premessa si basa il loro coinvolgimento nel progetto PROF-1.
Nello studio, è stato chiesto ai pazienti oncologici di selezionare una delle farmacie coinvolte per completare la prima fase del progetto, ovvero l’identificazione dell’elenco dei medicinali assunti. “Le informazioni raccolte venivano inviate attraverso la nuova piattaforma informatica all’Istituto, dove l’oncologo poteva procedere con la riconciliazione” spiegano gli autori.
E a conti fatti, l’analisi ha mostrato che i pazienti assumevano in media 5,9 farmaci a domicilio, numero ancora più elevato per i pazienti più anziani. Colpisce inoltre il dato relativo all’uso di prodotti non convenzionali o alimenti “critici”: il 60% dei partecipanti assumeva fitoterapici o medicinali omeopatici e il 28,5% alimenti considerati critici per le potenziali interazioni con le terapie.
“Questi dati sottolineano l’importanza della riconciliazione farmacologica ancora troppo spesso ignorata dagli oncologi a causa della pressione legata alla loro attività clinica” affermano i ricercatori che poi concludono: “L’alleanza tra l’istituto oncologico e le farmacie di comunità ha permesso di creare una rete che può aiutare a stabilire percorsi per la sicurezza dell’uso dei farmaci a domicilio. Inoltre l’iniziativa può contribuire a migliorare l’aderenza a terapie innovative e migliorare la gestione di terapie secondarie per prevenire le tossicità”.
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