Nuove terapie per la leucemia linfatica cronica

  • Alessia De Chiara
  • Notizie dalla letteratura
L'accesso ai contenuti di questo sito è riservato agli operatori del settore sanitario italiano L'accesso ai contenuti di questo sito è riservato agli operatori del settore sanitario italiano

Messaggi chiave

  • Nel trattamento di prima linea di pazienti con leucemia linfatica cronica (LLC), un trattamento con venetoclax in combinazione con obinutuzumab con o senza ibrutinib si è rivelato superiore alla chemio-immunoterapia per quanto riguarda la sopravvivenza libera da progressione e la malattia minima residua (MRD) non rilevabile.

 

Perché è importante 

  • Mancano studi clinici randomizzati prospettici sulla combinazione venetoclax-obinutuzumab condotti in pazienti con LLC considerati “fit”, cioè con condizioni mediche coesistenti di scarsa gravità.
  • Lo studio conferma il valore prognostico della MRD non rilevabile al termine di un trattamento con una durata limitata, poiché il miglioramento della sua incidenza si è tradotto in una maggior sopravvivenza libera da progressione.

 

Come è stato condotto lo studio

  • Lo studio GAIA–CLL13 ha incluso 926 pazienti provenienti da 9 paesi europei con LLC avanzata senza mutazioni di TP53 o del(17p) e con un basso impatto di condizioni mediche coesistenti.
  • I partecipanti sono stati randomizzati a ricevere 6 cicli di chemio-immunoterapia (229 con fludarabina-ciclofosfamide-rituximab oppure bendamustine–rituximab) oppure 12 cicli di uno di tre regimi sperimentali contenenti venetoclax in combinazione con:
    • rituximab (237);
    • obinutuzumab (229);
    • obinutuzumab e ibrutinib (231) con l’opzione di interrompere quest’ultimo in caso di riscontro per due volte di malattia minima residua non rilevabile.

 

Risultati principali

  • Al 15esimo mese la percentuale di pazienti con MRD non rilevabile nel sangue periferico è risultata più alta in maniera significativa nei gruppi trattati con venetoclax-obinutuzumab (86,5%) e la tripla combinazione (92,2%) rispetto al gruppo che ha ricevuto la chemio-immunoterapia (52%).
  • In un tempo mediano di circa 3 anni, le combinazioni venetoclax-obinutuzumab-ibrutinib e venetoclax-obinutuzumab sono state superiori alla chemio-immunoterapia per quanto riguarda la sopravvivenza libera da progressione (HR per progressione della malattia o decesso rispettivamente di 0,32 e 0,42).
  • Non sono state osservate differenze statisticamente significative con la chemio-immunoterapia in entrambe le analisi per la combinazione venetoclax-rituximab.
  • Gli eventi avversi di grado 3 o 4 più comuni in tutti i gruppi sono stati citopenia e infezioni. Queste ultime sono state più frequenti con la chemio-immunoterapia e venetoclax-obinutuzumab-ibrutinib che con gli altri due regimi di trattamento.