NSCLC, identificati alcuni predittori dell’interruzione precoce del trattamento con nivolumab

  • Daniela Ovadia — Agenzia Zoe
  • Attualità mediche
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di Elena Riboldi (Agenzia Zoe)

Lo studio ARGO-Lung, promosso dalla Rete Oncologica Veneta (ROV) fornisce nuove prove di efficacia di nivolumab in pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) già sottoposti ad altri trattamenti. In più, lo studio, pubblicato sulla rivista The Oncologist, identifica alcuni fattori che si associano all’interruzione precoce del trattamento (etd, early treatment discontinuation) e stima i costi reali dell’immunoterapia. Studi come questo vanno a colmare il gap che esiste tra studi clinici e pratica clinica e permettono considerazioni di farmacoeconomia infattibili in altri contesti.

Lo studio ARGO-Lung è un sottostudio dello studio ARGO, un progetto promosso dalla ROV per valutare l’aderenza ai percorsi diagnostico-terapeutici come misura di appropriatezza, sostenibilità e qualità delle cure nel tumore della mammella e del polmone. Il sottostudio, focalizzato sull’esito e sull’impatto economico del trattamento con nivolumab nel NSCLC, si basa sull’analisi dei dati amministrativi e delle cartelle cliniche dei pazienti trattati in 11 centri della Regione Veneto.

Nella coorte trattata con nivolumab (n=237), 96 pazienti (41%) avevano ricevuto meno di 6 cicli di trattamento. Il tempo trascorso tra l’inizio e l’interruzione del trattamento (TTD, time to treatment discontinuation) era pari a 4,2 mesi (3,2-5,4 mesi). La sopravvivenza globale mediana (mOS) dell’intera coorte era 9,8 mesi (7,8-12,4 mesi); andando a considerare separatamente il gruppo dei pazienti con e senza etd, la mOS era significativamente più bassa nel primo gruppo (3,3 [2,67-3,97] contro 19,6 [16,0-26,1] mesi; P<0,0001). Il numero di ospedalizzazioni, la durata e i relativi costi erano maggiori nel gruppo con etd.

Gli autori dello studio sono andati poi a confrontare 162 dei pazienti trattati con nivolumab (60 dei quali con etd) per cui erano disponibili i dati clinici (coorte 1) con 83 pazienti trattati con docetaxel (coorte 2). Il TTD mediano era rispettivamente di 4,8 (3,5-6,5) e 2,6 (2,1-2,9) mesi (P<0,0001). Il rischio di morte era significativamente più alto nella corte 2 e nella coorte 1 con etd che non nella coorte 1 senza etd (P<0,0001). All’opposto di quanto osservato nella coorte 2, nella coorte 1 l’OS era più lunga nei pazienti fumatori (P=0,017). L’etd si associava a un indice di massa corporea <25, un ECOG performance status >1, un rapporto neutrofili:linfociti >2,91 e al trattamento concomitante con antibiotici e glucocorticoidi.

Il rapporto incrementale di costo-efficacia (ICER), lo strumento maggiormente impiegato nella valutazione economica delle terapie farmacologiche, del nivolumab rispetto a docetaxel era 3.323,64 euro nell’intera coorte 1 e 2.805,75 euro nei pazienti senza etd. La differenza di impatto sul budget (la differenza tra i costi reali calcolati in base al TTD osservato nel contesto real-world e i costi stimati considerando la sopravvivenza libera da progressione [PFS] riportata negli studi di fase 3) era 857.188 euro.

“Nivolumab ha confermato la sua efficacia in questa popolazione real-word, tuttavia, per evitare un trattamento inefficace e migliorare la costo-efficacia dei farmaci innovativi in oncologia, è indispensabile un’appropriata selezione dei pazienti che possono trarre beneficio da una più lunga durata di trattamento e conseguentemente un esito migliore (per esempio buon PS, fumatori) – concludono gli autori dello studio, aggiungendo una considerazione sulla sostenibilità del sistema sanitario – Inoltre, la differenza di impatto sul budget riportata nel nostro studio sottolinea il fatto che una stima dei costi basata sulla PFS mediana ricavata da studi cardine non riflette la reale durata del trattamento e quindi i costi nella pratica clinica. Ciò suggerisce che la TTD ricavata da studi real-world sia uno strumento utile nel processo di negoziazione del costo di un farmaco”.