Microbiota cutaneo: attenti al sole!
- Cristina Ferrario
- Uniflash
La tintarella estiva potrebbe rivelarsi dannosa per la vasta comunità di microrganismi che vivono (e “lavorano”) a livello cutaneo. Lo spiegano gli autori di un articolo recentemente pubblicato sulla rivista Frontiers in Aging, guidati da Thomas Willmott della University of Manchester, nel Regno Unito.
“Il microbiota cutaneo svolge un ruolo cruciale nel mantenere l’omeostasi dell’epidermide e alcuni fattori ambientali, tra i quali i raggi ultravioletti (UV) possono avere un impatto sulla composizione del microbiota attraverso meccanismi diretti o indiretti” esordiscono i ricercatori ricordando che sono pochi gli studi che hanno valutato in vivo l’impatto dell’esposizione al sole su questa comunità microbica.
Nel loro studio, Willmott e colleghi hanno analizzato la composizione del microbiota cutaneo in 21 persone prima e dopo l’esposizione al sole durante una vacanza di almeno 7 giorni, tenendo conto del fototipo e del risultato dell’esposizione al sole in termini di abbronzatura.
E i risultati parlano chiaro: il sole fa la differenza quando si parla di comunità microbica cutanea.
Una comunità preziosa per la salute
Si parla molto spesso del microbiota intestinale e delle sue molteplici funzioni, fondamentali per garantire la salute di ciascun individuo. Si parla un po’ meno del microbiota cutaneo anche se, a conti fatti, la pelle rappresenta l’organo più esteso del corpo umano ed è colonizzata da una comunità molto numerosa di microrganismi che – tra le tante loro funzioni – mantengono l’omeostasi cutanea e difendono l’organismo da agenti esterni potenzialmente pericolosi.
I raggi UV rappresentano uno dei fattori che potrebbero alterare l’equilibrio del microbiota cutaneo, che cambia a seconda delle aree del corpo: una pelle secca, in effetti, non rappresenta in genera l’ambiente ideale per la maggior parte dei microbi, ma ci sono organismi che si sono adattati a vivere su aree cutanee con diverse caratteristiche (più ricche di sebo, più secche, ecc). Le conseguenze di una alterazione del microbiota cutaneo possono essere molteplici: dalla dermatite, agli eczemi, alla perdita della protezione contro agenti esterni.
Ecco perché è fondamentale conoscere i fattori che possono portare a tali alterazioni e le strategie per prevenile.
L’impatto del sole
I raggi UV hanno un ruolo nel mantenere l’equilibrio microbico della cute e gli esperti raccomandano anche per questa ragione di esporsi al sole con grande cautela. Nel loro studio, Willmott e colleghi hanno analizzato in dettaglio l’impatto del sole “nel mondo reale”, ovvero valutando la composizione del microbiota cutaneo di 21 persone in vacanza. Di queste alcune erano già abbronzate prima di partire (n=7), alcune si sono abbronzate in vacanza (n=8) e altre (n=6) non hanno modificato il proprio grado di abbronzatura durante le vacanze.
“Abbiamo analizzato il microbiota cutaneo mediante analisi del rRNA 16S” spiegano gli autori, precisando che i phyla principali – circa il 94% di tutte le sequenze ottenute – erano Actinobacteria, Proteobacteria e Firmicutes, in tutti i partecipanti e sia prima che dopo le vacanze.
L’analisi effettuata prima della partenza per la vacanza e dopo 1, 28 e 84 giorni dalla vacanza ha mostrato in effetti che in tutti e tre i gruppi di partecipanti, il microbiota mostrava una ridotta diversità beta (diversità tra le specie di microrganismi) rispetto al basale. Nelle persone che si sono abbronzate in vacanza si è osservata una riduzione già dal primo giorno post-vacanza nella comunità dei Proteobacteria.
Come fanno notare gli autori, queste modifiche nella comunità microbica cutanea scompaiono nel tempo, a partire da circa un mese dopo l’esposizione, ma gli effetti acuti potrebbero non essere trascurabili.
“Servono maggiori informazioni per comprendere a fondo la natura protettiva del microbiota cutaneo e di come le sue alterazioni possono contribuire alla salute” concludono i ricercatori.
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