L’obesità è collegata a un rischio più alto di eventi avversi immuno-correlati causati da nivolumab

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Un nuovo studio retrospettivo pubblicato online l’8 dicembre su JAMA Oncology suggerisce che i pazienti obesi con tumori in stadio avanzato trattati con nivolumab in monoterapia presentano un rischio più alto di eventi avversi immuno-correlati.

Tuttavia, solo le donne obese trattate con nivolumab in monoterapia sembrano presentare un rischio più alto di eventi di grado 3 o 4, secondo l’analisi aggregata dei dati di 3.772 pazienti con tumori in stadio avanzato di 8 tipi diversi.

“L’obesità può essere associata a un aumento dell’incidenza di eventi avversi immuno-correlati lievi o moderati nei pazienti che assumono inibitori del checkpoint immunitario”, scrivono l’autore principale, la Dott.ssa Jennifer L. McQuade, dell’MD Anderson Cancer Center dell’Università del Texas, Houston, e colleghi. Questi risultati, aggiungono McQuade e colleghi, potrebbero essere utili per il monitoraggio dei pazienti ad alto rischio di sviluppare eventi avversi immuno-correlati durante il trattamento.

Precedenti analisi retrospettive che hanno esaminato l’associazione tra indice di massa corporea (body mass index, BMI) e rischio di eventi avversi immuno-correlati nei pazienti oncologici hanno avuto risultati eterogenei. Alcuni studi hanno riportato una maggiore incidenza di eventi avversi nei pazienti in sovrappeso o obesi, mentre altri non hanno riscontrato alcuna associazione significativa tra BMI ed eventi avversi immuno-correlati.

Con la presente analisi, McQuade e colleghi intendevano chiarire questa potenziale associazione utilizzando i dati esistenti di sperimentazioni cliniche randomizzate con classificazione e segnalazione di eventi avversi raccolti in modo prospettico.

I ricercatori hanno analizzato retrospettivamente i dati di 14 sperimentazioni multicentriche CheckMate che hanno esaminato 8 tipi di tumore. I pazienti con tumori in stadio avanzato sono stati trattati con nivolumab in monoterapia a una dose di 3 mg/kg o con nivolumab più ipilimumab a dosi rispettivamente di 1 e 3 mg/kg oppure 3 e 1 mg/kg.

I partecipanti allo studio avevano un’età mediana di 61 anni e il 69% era di sesso maschile. I partecipanti sono stati arruolati nelle sperimentazioni tra il 9 febbraio 2012 e il 21 maggio 2015 e sono stati seguiti fino al 1° maggio 2019.

Le categorie di peso sono state determinate in base al BMI basale, secondo i criteri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità; un BMI inferiore a 25 è stato considerato normopeso o sottopeso e un BMI pari o superiore a 30 obeso.

In 2.746 pazienti trattati con nivolumab in monoterapia a una dose di 3 mg/kg il rischio di eventi avversi immuno-correlati di qualsiasi grado è risultato significativamente maggiore per i 543 pazienti obesi, rispetto ai 1.266 pazienti normopeso o sottopeso (OR=1,71).

L’incidenza complessiva di eventi avversi immuno-correlati di grado 3 e 4 non differiva in base al peso (OR=1,21; IC 95%, 0,92–1,61) e l’incidenza di eventi avversi immuno-correlati nei pazienti trattati sia con nivolumab sia con ipilimumab è risultata comparabile tra le categorie di BMI.

Tuttavia, il rischio di eventi avversi immuno-correlati di grado 3 o 4 è risultato significativamente più elevato nel sottogruppo di donne obese trattate con nivolumab in monoterapia rispetto alle donne normopeso o sottopeso (OR=1,73).

Gli autori, ricordando che questo studio è limitato dal disegno retrospettivo e dalla natura post-hoc, ammoniscono che i risultati devono essere interpretati con cautela.

Tuttavia, “[i risultati] evidenziano l’importanza del BMI come covariata clinica per i pazienti trattati con inibitori del checkpoint immunitario e giustificano l’ulteriore valutazione in studi prospettici”, concludono gli sperimentatori.

Questo articolo, scritto originariamente da Sharon Worcester, è apparso su Medscape.com, parte di Medscape Professional Network.