Lo screening più che dimezza la mortalità per tumore del colon-retto
- Daniela Ovadia — Agenzia Zoe
- Attualità mediche
di Elena Riboldi (Agenzia Zoe)
Uno dei presupposti di un programma di screening oncologico è salvare vite. Non sorprende perciò che il programma di screening con test immunochimico fecale (FIT) in Emilia-Romagna abbia ridotto la mortalità per tumore del colon-retto (CRC), ma sapere che la mortalità tra i partecipanti si è ridotta di ben il 54% per le donne e del 65% per gli uomini è un’ottima notizia. Prove di efficacia come queste andrebbero pubblicizzate per convincere chi è scettico a partecipare ai programmi organizzati. A maggior ragione quando il test utilizzato non è invasivo e comporta davvero poco disagio.
Il Gruppo di lavoro Regionale per la Valutazione dello Screening colorettale dell’Emilia-Romagna ha pubblicato sulla rivista Clinical Gastroenterology and Hepatology uno studio in cui sono stati confrontate incidenza e mortalità associata al CRC in chi aveva partecipato al programma di screening regionale (diretto alle persone di età compresa tra 50 e 69 anni) e in chi non lo aveva fatto. L’analisi ha riguardato le persone arruolate tra il 2005, anno di avvio del programma, e il 2016. Il tasso di risposta annuale all’invito è risultato in media pari al 51,4%.
In 2.622.131 anni-uomo e 2.887.845 anni-donna sono stati diagnosticati, rispettivamente, 4.490 e 3.309 casi di CRC. Il rapporto tra tassi di incidenza (IRR) era pari a 0,65 (95%CI 0,61-0,69) per gli uomini, 0,69 (0,66-0,72) per le donne e 0,69 (0,66-0,72) per i due sessi combinati. Gli IRR per il CRC di stadio I, II, III e IV erano 1,35, 0,61, 0,60 e 0,28 per gli uomini e 1,64, 0,60, 0,73 e 0,35 per le donne. Il rapporto tra i tassi di mortalità (MRR) corretto era 0,35 (95%CI 0,29-0,41) per gli uomini e 0,46 (0,37-0,58) per le donne.
“A nostro parere l’interpretazione di questi dati è lineare – commentano gli autori – Il picco di incidenza nel primo anno, la rapida diminuzione subito dopo, la somiglianza tra i cambiamenti nell’incidenza cumulativa e quelli riportati in studi precedenti, la perfetta sovrapposizione tra l’andamento temporale dei cambiamenti nell’incidenza cumulativa e quelli osservati nei trial con la sigmoidoscopia (con uguale latenza di 4-5 anni), la relazione inversa di questi cambiamenti con lo stadio del tumore e l’osservazione che la riduzione nella mortalità per CRC seguiva gli stessi schemi specifici per sesso, età, stadio e sito del tumore della riduzione nell’incidenza portano all’interpretazione generale che questi risultati sono la conseguenza dell’esposizione allo screening con FIT”. Gli autori offrono infine un’interpretazione per il diverso effetto nei due sessi, ipotizzando che dipenda dal fatto che che le donne sono colpite da adenomi più indolenti con sanguinamento meno frequente e progressione più lenta.
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