Linee guida per l'ipertensione: nuovi obiettivi nelle cure primarie
- Paolo Spriano
- Uniflash
È ampiamente dimostrato che il trattamento dell'ipertensione arteriosa (IA) riduce il rischio di esiti di malattie cardiovascolari, tra cui l'ictus incidente (dal 35 al 40%), l'infarto del miocardio (dal 15 al 25%) e l'insufficienza cardiaca (fino al 64%). Tuttavia, l'obiettivo per l'abbassamento della pressione arteriosa sistolica è incerto. Studi osservazionali hanno mostrato un progressivo aumento del rischio cardiovascolare quando la pressione arteriosa sistolica sale sopra i 115 mm Hg, ma le prove disponibili da studi randomizzati e controllati nella popolazione generale di pazienti con ipertensione documentano solo il beneficio del trattamento per un target pressorio di sistolica < 150 mm Hg, con dati limitati per target pressori inferiori (1).
Linee guida e trattamento intensivo della pressione arteriosa
Circa otto anni fa lo studio SPRINT (1) dimostrava, nei pazienti ad alto rischio di eventi cardiovascolari senza diabete, che l'obiettivo di una pressione arteriosa sistolica < 120 mm Hg, rispetto a valori < 140 mm Hg, determinava tassi inferiori di eventi cardiovascolari maggiori fatali e non fatali e morte per qualsiasi causa, anche se nel gruppo di trattamento intensivo si registravano tassi significativamente più elevati di alcuni eventi avversi.
Una revisione e metanalisi delle prove (2) a supporto delle linee guida evidenziava un ulteriore e minimo vantaggio di un trattamento più aggressivo, nonostante lo studio SPRINT considerasse utile il raggiungimento del target di 120 mmHg di pressione sistolica, dato però non confermato da studi con obiettivi simili come lo studio ACCORD (3).
Il report finale di SPRINT conferma che nel gruppo di trattamento intensivo i tassi di eventi avversi gravi dovuti a ipotensione o anomalie elettrolitiche sono rimasti più elevati (4). Svariate evidenze hanno suggerito che se un controllo più stretto della pressione arteriosa può impedire tra 10 e 20 eventi ogni 1000 trattati adulti anziani in buona salute, d’altro canto si possono avere come contropartita sincopi o lipotimie e ciò può produrre più male che bene.
Raccomandazioni AAFP: target del trattamento dell’ipertensione
I targets per la prevenzione e la cura delle malattie cardiovascolari non sono mai una misura standard ottimale per tutti ed è probabile che possa essere ancora consigliabile in alcuni pazienti mirare a un target più basso, un criterio che ha ispirato la revisione dei target pressori di diverse linee guida sull’ipertensione arteriosa (2) e la recente revisione dell’American Academy of Family Physicians (AAFP) (5).
Raccomandazione 1: L’AAFP raccomanda vivamente ai medici di trattare gli adulti con ipertensione a un target di pressione arteriosa standard (<140/90 mm Hg) per ridurre il rischio di mortalità per tutte le cause e cardiovascolare (raccomandazione forte; elevata qualità delle prove). Il trattamento con un obiettivo di pressione sanguigna inferiore (<135/85 mm Hg) non ha fornito ulteriori benefici nella prevenzione della mortalità; tuttavia, un obiettivo di pressione sanguigna più basso potrebbe essere preso in considerazione sulla base della valutazione clinica e delle preferenze e dei valori del paziente.
Raccomandazione 2: L'AAFP raccomanda ai medici di prendere in considerazione il trattamento di adulti con ipertensione a un target di pressione sanguigna inferiore (<135/85 mm Hg) per ridurre il rischio di infarto del miocardio (raccomandazione debole; prove di qualità moderata). Sebbene il trattamento con un target di pressione arteriosa standard (<140/90 mm Hg) abbia ridotto il rischio di infarto del miocardio, è stato osservato un piccolo beneficio aggiuntivo con un target di pressione sanguigna più basso. Non è stato osservato alcun beneficio aggiuntivo nella prevenzione dell'ictus con l'obiettivo di pressione sanguigna più bassa.
Il parere dell’esperto
La rilevanza delle raccomandazioni AAFP per i medici operanti nel contesto delle cure primarie è stata discussa su Medscape dal Neil Skolnik del Dipartimento di Medicina di Famiglia e di Comunità della Thomas Jefferson University di Philadelphia (6). "L'AAFP aggiornando le sue raccomandazioni e consigliando di mantenere la pressione arteriosa <140/90 mmHg, propone un cambiamento non piccolo" afferma Skolnik "perché spesso sono necessari farmaci aggiuntivi per raggiungere obiettivi pressori inferiori e farmaci aggiuntivi portano a ulteriori effetti avversi".
Il core delle raccomandazioni AAFP è che target più bassi di 140/90 mmHg non hanno mostrato una diminuzione statisticamente significativa della mortalità totale, ma hanno portato a un aumento degli eventi avversi senza una riduzione corrispondente e significativa della mortalità.
AAFP ha considerato eventi avversi gravi la morte, o eventi che hanno richiesto il ricovero in ospedale, o che hanno provocato una disabilità significativa. Per quanto riguarda tutti gli altri eventi avversi, sincope e ipotensione comprese, l’aumento era significativo, con un rischio relativo di 1,44 (aumento del 44% degli eventi avversi). Ciò rifletteva un aumento del rischio assoluto del 3% rispetto al gruppo target standard (in particolare 9,8% vs 6,8%), con un numero necessario per nuocere di 33 in 3,7 anni. Un altro potenziale danno degli obiettivi di bassa pressione arteriosa era la necessità di una media di un farmaco aggiuntivo per raggiungere gli obiettivi di bassa pressione arteriosa. Una revisione sistematica ha riportato un tasso di mancata aderenza otto volte superiore a causa di eventi avversi nei gruppi con target pressorio inferiore.
Skolnik conclude sottolineando l’utilità delle linee guida AAFP. Secondo la sua opinione la differenza nelle raccomandazioni di due grandi società - American Heart Association (AHA) e AAFP - deriva da due aspetti.
Il primo riguarda la differente tipologia dei pazienti presi in considerazione. L'AHA si sarebbe concentrata sugli endpoint compositi in studi come SPRINT, che includeva solo pazienti ad alto rischio, mentre l’AAFP ha utilizzato la mortalità come endpoint guida in un gruppo più ampio di pazienti che includeva sia pazienti ad alto che a basso rischio.
La seconda considerazione è relativa a come le due organizzazioni hanno valutato gli eventi avversi in modo diverso per giungere alle loro conclusioni. "È ovvio che mirando a un livello pressione arteriosa più basso si hanno più eventi avversi e - conclude Skolnik - nella mia esperienza i pazienti si preoccupano molto degli eventi avversi".
L'accesso al sito è limitato e riservato ai professionisti del settore sanitario
Hai raggiunto il massimo di visite
Registrati gratuitamente Servizio dedicato ai professionisti della salute