L’impatto della pandemia sulla prevenzione del tumore del colon-retto
- Daniela Ovadia — Agenzia Zoe
- Attualità mediche
“La pandemia di COVID-19 è la dimostrazione che il primo obiettivo degli esseri umani deve essere la salute”. Con queste parole Giovanna Del Vecchio Blanco e i suoi colleghi dell’Unità di Gastroenterologia del Dipartimento di Medicina dei Sistemi presso l’Università di Roma Tor Vergata concludono un’analisi del vero e proprio terremoto che la pandemia ha generato anche in ambito di prevenzione oncologica. Dalle pagine dell’International Journal of Colorectal Disease, gli autori ricordano che per tenere testa alla nuova emergenza sanitaria, gli ospedali hanno rivoluzionato la propria organizzazione interrompendo tutte le attività cliniche ritenute non urgenti o comunque rimandabili. “Tra queste attività sono incluse tutte quelle di screening oncologico, comprese quelle per il tumore colorettale (CRC)” spiegano gli autori, ricordando che i programmi attivi gratuitamente in Italia includono un test per la ricerca di sangue occulto nelle feci (FOBT) eventualmente seguito da follow up con colonscopia. In questo contesto meritano un’attenzione particolare i pazienti con malattie infiammatorie intestinali croniche come morbo di Crohn o colite ulcerosa, più a rischio di sviluppare CRC. E a conti fatti, secondo gli autori il rischio principale legato alla pandemia è quello di trovarsi di fronte un maggior numero di diagnosi di tumore tardive una volta che le attività di screening riprenderanno a pieno ritmo. In altri termini, le attuali interruzioni degli screening ridurranno i benefici di diagnosi precoce legati al test FOBT e potrebbero portare a identificare più tumori in fase avanzata con un successivo impatto anche a livello economico, tanto maggiore quanto più prolungata sarà l’interruzione.
“Possiamo stimare circa 4.000 nuovi casi di CRC per ciascun mese di pandemia in Italia” prevedono gli autori, precisando che il tutto si tradurrà anche in un maggior carico di lavoro per gastroenterologi, ma anche oncologi e chirurghi. Come affrontare queste nuove sfide? “Si dovranno effettuare le colonscopie dando priorità ai pazienti a maggior rischio di CRC” dicono Del Vecchio Blanco e colleghi, suggerendo un ruolo più attivo dei medici di medicina generale nel definire tale rischio e l’uso di webinar ad hoc per migliorare la conoscenza delle linee guida e migliorare l’appropriatezza prescrittiva. “Serviranno anche nuovi medici e spazi per poter effettuare tutti gli esami richiesti e ciò comporta un aumento dei fondi destinati a questi aspetti” concludono.
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