Le cure psicosociali possono fare la differenza per i pazienti oncologici

  • Daniela Ovadia — Agenzia Zoe
  • Attualità mediche
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Introdurre nella routine ospedaliera anche cure di tipo psicosociale può portare benefici ai pazienti con tumore. È quanto emerge, in sintesi, dai risultati dello studio HuCare2 condotto da un gruppo di ricercatori italiani guidati da Caterina Caminiti dell’Unità di Ricerca e Innovazione dell’Ospedale Universitario di Parma, primo nome dell’articolo.

“I bisogni dei pazienti oncologici vanno oltre gli aspetti più clinici e interessano un’ampia gamma di aspetti sociali, mentali, emotivi e spirituali” esordiscono gli autori sulle pagine della rivista JAMA Network Open. “Sono aspetti fondamentali del percorso di cura, che possono influenzare negativamente la qualità di vita dei pazienti, ma che ancora troppo spesso non sono presi in considerazione nei centri oncologici” aggiungono, ricordando che esistono numerosi interventi psicosociali efficaci e raccomandati dalle linee guida nazionali e internazionali.

Proprio 6 di questi interventi sono stati selezionati e inseriti nella Humanization in Cancer Care (HuCare) Quality Improvement Strategy (HQIS), un approccio che punta a integrare tali interventi nella pratica clinica dei centri oncologici. “Nella prima fase dello studio multicentrico abbiamo dimostrato la fattibilità di questa strategia e con lo studio attuale - HuCare2 - ne abbiamo valutato l’efficacia rispetto alle cure standard in termini di miglioramento della qualità di vita legata alla salute (HRQOL)” precisano Caminiti e colleghi, che hanno coinvolto in questa seconda fase della ricerca un totale di 762 pazienti: 400 nel gruppo HQIS e 362 nel gruppo cure standard.

L’esito primario era la differenza nei cambiamenti medi dei punteggi nelle funzioni emotive e sociali della HRQOL valutate al basale e a tre mesi all’interno di ciascun gruppo, mentre gli effetti a lungo termine (a 12 mesi) sono stati valutati come esito secondario.

E i risultati sono a sostegno dell’efficacia dell’approccio HQIS con miglioramenti significativi nella funzione emotiva durante il trattamento (odds ratio [OR] 1,13; P=0,008), presenti anche a 12 mesi (OR 1,05; P=0,04). Di contro, i dati relativi alla funzione sociale non si sono rivelati significativi (OR 0,99; P=0,80).

“Questi risultati dimostrano ancora una volta che è possibile implementare un approccio di cura psicosociali all’interno della pratica clinica nei centri oncologici e il mantenimento dei benefici a lungo termine suggerisce che, una volta appresa e implementata la strategia HQIS, si ottiene un cambiamento duraturo nel comportamento dello staff clinico e dell’organizzazione del reparto” affermano gli autori, che evidenziano il ruolo fondamentale di una relazione di fiducia medico-paziente. “Serve un training specifico per poter comunicare con i pazienti, che spesso sono riluttanti nel discutere con il medico le proprie condizioni di stress in questi contesti” aggiungono. E poi concludono: “Ulteriori studi ci permetteranno di rifinire la strategia HQIS e di comprendere quali sono i fattori che ne possono ottimizzare gli effetti”.