La dieta mediterranea funziona davvero?

  • Cristina Ferrario — Agenzia Zoe
  • Attualità mediche
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41 milioni di decessi ogni anno a livello globale, ovvero il 71% di tutti i decessi registrati. È questo il prezzo che paghiamo alle malattie non trasmissibili, quelle che gli anglosassoni chiamano “non-communicable diseases” (NCDs), patologie molto diffuse come le malattie cardiovascolari, i tumori, le malattie respiratorie croniche e il diabete di tipo 2.

Medici e ricercatori di tutto il mondo lavorano da anni con l’obiettivo di ridurre il peso di queste patologie a livello globale, come dimostra anche l’impegno messo in campo dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).

La buona notizia è che il traguardo non è irraggiungibile, sebbene la strada da percorrere sia decisamente ancora lunga e in salita.

Ci aiuta a comprendere questo complesso scenario la dottoressa Greta Caprara, PhD, ricercatrice e biologa nutrizionista, dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano, e autrice di una review pubblicata su Nutrients nella quale ci si concentra in particolare sul ruolo di attività fisica e dieta nel contrastare il crescente peso delle malattie non trasmissibili. L’articolo è stato recentemente selezionato nella lista dei Latest Editor’s Choice articles, ovvero un ristretto numero di articoli scelti dagli editori della rivista perché ritenuti di particolare interesse per gli autori o importanti nel settore”.

“La prevenzione e il controllo di queste patologie è un imperativo morale a anche economico” afferma Caprara che poi aggiunge “Restano ancora molti ostacoli da superare alcuni dei quali sono di origine culturale, ma con l’aiuto di solidi dati e con l’impegno di tutti sono certa che si potranno ottenere risultati importanti”.

Oltre i confini di tempo e spazio

I numeri che si associano a queste patologie fanno riflettere: ogni anno infatti il 31% dei decessi dovuti a NCDs sono legati a malattie cardiovascolari, il 16% a tumori, il 7% a patologie respiratorie e il 3% a diabete.

“Guardando più in dettaglio, vediamo che circa un quarto dei decessi per NCDs (26%) si verifica nella fascia di età 30-69 anni, ma non dobbiamo dimenticare che si tratta di patologie spesso legate all’avanzare dell’età e di conseguenza le stime sono al rialzo, data la tendenza all’invecchiamento della popolazione mondiale” spiega Caprara, che sottolinea come le NCDs rappresentino un peso decisamente difficile da sopportare, anche a livello di economia sanitaria, e destinato a crescere con il passare del tempo e a superare i confini geografici tra le nazioni.

Basti ricordare che il maggior incremento e impatto di queste patologie è previsto proprio nei paesi a basso e medio reddito, oltre che nelle fasce di popolazione più svantaggiate dal punto di vista socio-economico nei paesi a reddito elevato.

“Servono allora interventi su ampia scala per cercare di ridurre il peso globale delle malattie non trasmissibili e per poter definire tali strategie di prevenzione i dati sono indispensabili: sia quelli di tipo epidemiologico, che aiutano a disegnare i dettagli della prevalenza delle NCDs, sia quelli molecolari e genetici, che descrivono i meccanismi alla base di queste patologie, con il fine ultimo di arrivare ad azioni di prevenzione e cura sempre più efficaci e mirate” afferma l’autrice.

Questione di stile (di vita)

Cos’hanno in comune tutte queste malattie apparentemente anche molto diverse tra di loro? Oltre alla caratteristica che dà loro il nome, ovvero il non essere trasmissibili (come invece lo sono le malattie infettive), le NCDs condividono quattro importanti fattori di rischio: dieta poco sana, inattività fisica, uso di tabacco e consumo eccessivo di alcol.

E su questi fattori di rischio è possibile agire in modo deciso, riducendo così il rischio di andare incontro a effetti anche gravi sulla salute.

A dire il vero non è niente di così nuovo o sorprendente. Da decenni gli esperti raccomandano di seguire uno stile di vita sano. Eppure i numeri legati alla diffusione delle malattie non trasmissibili fanno chiaramente capire che gli appelli della comunità medico-scientifica sono spesso caduti nel vuoto.

“Dal punto di vista dei medici, a volte c’è scarso dialogo tra i diversi specialisti e questo complica non poco le cose. Siamo abituati a lavorare per compartimenti stagni e può succedere, per esempio, che un cardiologo si limiti a trattare il proprio paziente iperteso con un farmaco, senza inviarlo per un consulto al nutrizionista o dietologo che magari potrebbe aiutarlo impostando una strategia alimentare ad hoc” dice l’esperta. “Inoltre, in alcuni casi manca anche una formazione specifica dei medici sia sull’alimentazione che, e forse in misura anche più marcata, sull’attività fisica” spiega.

Se si guarda invece ai cittadini, spesso si nota una mancanza di consapevolezza sull’importanza dello stile di vita: nel grande mare magno di informazioni disponibili sulla nutrizione presenti sui media, non è semplice identificare quelle corrette e davvero benefiche per la salute e mancano anche campagne ben strutturate di insegnamento dei principi di base del corretto stile di vita, che secondo l’autrice dell’articolo dovrebbe iniziare sin dai primi anni di vita.

“Non dimentichiamo il discorso economico: a volte le persone si trovano a dover scegliere tra un cibo pronto, magari molto calorico ma decisamente poco costoso, e uno sano che però deve essere preparato e probabilmente costa di più del cibo da fast food” aggiunge Caprara, ricordando che in un simile contesto è piuttosto facile “cadere in tentazione” e optare per la scelta meno sana.

Cambiare in meglio

Riassumendo e semplificando, per quanto riguarda le abitudini quotidiane è dunque fondamentale dire no al tabacco e rimanere sempre attivi. Non serve ovviamente diventare atleti. Le più recenti linee guida dell’OMS spiegano che per gli adulti sono sufficienti anche solo 30-45 minuti al giorno di attività moderata (150-300 minuti a settimana). Non dimentichiamo poi che, secondo la definizione dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) statunitensi, con l’espressione attività fisica si intende “qualsiasi movimento del corpo prodotto dalla contrazione dei muscoli scheletrici che aumenta il consumo energetico oltre il livello basale”. Vanno bene quindi anche le passeggiate, il ballo, i lavori domestici o il giardinaggio.

E a tavola? Oltre a ridurre ai minimi termini (meglio ancora a eliminare del tutto) l’alcol, la strategia vincente consiste nel tornare alla cara vecchia dieta mediterranea tradizionale, un regime alimentare tipico dei paesi che si sono sviluppati attorno al bacino del mar Mediterraneo e che assume sfumature diverse a seconda delle disponibilità alimentari, delle tradizioni culinarie, ma anche sociali e religiose delle aree in cui si sviluppa. Che includa la pasta come in Italia, oppure il cous-cous come in nord Africa, che prediliga i legumi come in Spagna o li includa raramente come a Malta, la dieta mediterranea resta uno dei regimi alimentari con i maggiori benefici per la salute e i suoi meriti sono talmente evidenti da garantirle il titolo di “patrimonio immateriale dell’umanità” conferitole dall’Unesco nel 2010.

“Nell’articolo ho scelto di parlare della dieta mediterranea in particolare perché questo è il regime alimentare per il quale sono disponibili i dati più solidi e numerosi in termini di impatto sulla salute. E poi in Italia, uno dei paesi nei quali la dieta mediterranea ha visto la luce, questo tipo di alimentazione è, almeno in linea teorica, ben radicata nelle abitudini della popolazione e anche semplice da mettere in pratica” racconta l’autrice che, dopo aver seguito un master in nutrizione sportiva ha sviluppato anche un forte interesse verso gli effetti dell’attività fisica sulla salute. “Molti di questi effetti, anche a livello molecolare, sono simili a quelli ottenuti seguendo una dieta di tipo mediterraneo e mi ha quindi incuriosita l’idea di affiancarli nel mio lavoro” dice. 

Benefici a tutto tondo, lo dice la scienza

Nell’articolo pubblicato su Nutients si entra nel dettaglio dei numerosi studi che hanno dimostrato nel corso degli anni gli effetti benefici della dieta mediterranea e dell’attività fisica sulla salute, con i riflettori puntati sulle malattie non trasmissibili. Qui ci limiteremo ad accennare brevemente ad alcuni di questi risultati, che però confermano senza ombra di dubbio il ruolo di primo piano dello stile di vita nel contrastare e prevenire queste patologie.

Cuore e vasi sono tra i primi a beneficiare di dieta sana e movimento. Sin dai primi studi sugli effetti della dieta mediterranea si è visto che questo regime alimentare ha forti proprietà protettive e preventive contro le malattie cardiovascolari. Merito per esempio dell’effetto anti-aterogenico di alcuni cibi come olio di oliva, frutta a guscio, semi oleosi, pesce, cereali integrali, legumi, frutta e verdura con le loro fibre. E se ancora non bastasse, studi dimostrano che i benefici sono visibili anche in fase di riabilitazione, dopo un problema cardiovascolare.

Grande è anche l’impatto dell’attività fisica sulla salute cardiovascolare: solo per citare alcuni esempi, muoversi come suggeriscono le linee guida aiuta a migliorare il profilo lipidico e la fitness cardiovascolare e a ridurre la pressione sanguigna.

L’effetto di dieta mediterranea e attività fisica è dirompente anche nel caso dei tumori. Lo studio “European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition” (EPIC) ha dimostrato che la dieta mediterranea è la più efficace nel ridurre il rischio oncologico, con un effetto preventivo che si fa sentire in particolare per i tumori di colon-retto, stomaco, prostata, esofago, mammella ed endometrio. Colon-retto, mammella ed endometrio sono anche i principali tumori che possono essere prevenuti grazie all’attività fisica.

Inoltre, dieta sana e movimento riducono il rischio di diabete di tipo 2, malattie neurodegenerative, sovrappeso e obesità (con tutte le conseguenze che queste condizioni portano con sé, inclusa l’insorgenza di molte NCDs), aiutano a invecchiare meglio e proteggono ossa e muscoli.

I meccanismi alla base di questi effetti sono moltissimi, alcuni dei quali già identificati dai ricercatori che hanno osservato un impatto della dieta e dell’attività fisica sulla composizione del microbiota intestinale, sui pathway infiammatori e sulle caratteristiche epigenetiche del DNA.

“Comprendere a fondo questi meccanismi ci aiuterà a mettere in campo anche strategie di prevenzione sempre più mirate” commenta Caprara.  

Dalla teoria alla pratica

Perché tutte le nozioni e le informazioni emerse da decenni di studi clinici si traducano in un reale beneficio per la salute è fondamentale diffondere in modo chiaro e semplice i principi di base della dieta mediterranea e dell’attività fisica.

“In questo senso il medico di medicina generale può fare molto, anche per il rapporto particolarmente stretto che spesso instaura con i propri assistiti” spiega Caprara.

Ecco allora alcune “riflessioni pratiche” che possono essere utili al medico per dialogare di questi temi con i pazienti.

  • Modificare lo stile di vita in senso salutare è importante per diversi aspetti della salute e, in alcuni casi, può rappresentare la chiave per evitare di assumere troppi farmaci e di subirne quindi gli effetti collaterali.
  • Non è necessario rivoluzionare in pochi giorni tutto il proprio stile di vita. Meglio cominciare in modo graduale a inserire le modifiche nella dieta e nel movimento, per evitare che lo stress di questo cambiamento spinga poi ad abbandonare l’intero percorso.
  • A tavola è importante non esagerare con le quantità e limitare il consumo di carni rosse fresche e lavorate, cibi ricchi di grassi saturi e trans, zuccheri semplici, e cibi pronti (spesso anche molto ricchi in sale). Altrettanto importante è prediligere alimenti più salutari, come cereali integrali, legumi, pesce, frutta a guscio, semi oleosi, verdura e frutta fresca.
  • Il Piatto del Mangiar Sano della Harvard School of Public Health è uno strumento chiaro e immediato per spiegare come seguire una dieta sana. “In sostanza è un modo concreto per mettere in pratica i consigli della dieta mediterranea e raffigura la composizione ideale che dovrebbe avere ogni pasto principale della giornata (colazione, pranzo e cena)” spiega Caprara.
  • Mangiare sano non significa dire addio al gusto. Grazie alle spezie e alla combinazione di cibi e sapori si possono preparare pietanze appaganti per il palato e amiche della salute. “Ai nuovi sapori – per esempio meno salati o meno dolci – ci si abitua abbastanza velocemente: è scientificamente provato: bastano 10 giorni per abituarsi alla riduzione di sale e zucchero” dice Caprara.
  • Il movimento deve essere parte integrante della giornata. Quindi, oltre a scegliere un’attività sportiva che ci piace, vanno benissimo anche una pedalata all’aria aperta o una passeggiata, è importante limitare il più possibile le occasioni di sedentarietà. Come? Prediligendo la bicicletta alla macchina, facendo le scale a piedi, i lavori domestici o giardinaggio.
  • Per i bambini e i ragazzi le linee guida raccomandano almeno un’ora al giorno di attività fisica da moderata a vigorosa: via libera quindi anche ad attività più strutturate, come gli sport di squadra che migliorano anche la socialità dei giovani.