L’impatto su cuore e vasi della terapia sostitutiva con testosterone

  • Cristina Ferrario
  • Uniflash
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La terapia sostitutiva con testosterone non è inferiore al placebo in termini di eventi avversi cardiovascolari (CV) maggiori in uomini con ipogonadismo e precedente malattia CV o rischio CV molto alto. Lo spiegano nelle pagine della rivista New England Journal of Medicine i ricercatori dello studio TRAVERSE, coordinati da Steven Nissen, della Cleveland Clinic di Cleveland (Stati Uniti), ultimo nome dell’articolo.

“Gli effetti cardiovascolari della terapia sostitutiva a base di testosterone in uomini di mezza età o anziani con ipogonadismo non sono stati definiti con chiarezza e gli studi oggi disponibili giungono a conclusioni discordanti” esordiscono gli autori, che hanno portato a termine uno studio di non-inferiorità, di fase 4, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo.

In totale, sono stati coinvolti 5.246 uomini di età compresa tra 45 e 80 anni e provenienti da 316 centri negli Stati Uniti. I partecipanti avevano riferito sintomi di ipogonadismo, presentavano malattia CV o alto rischio CV e avevano avuto due misurazioni di testosterone a digiuno inferiori a 300 ng/dL. 

 

Testosterone e placebo a confronto

I soggetti arruolati nello studio sono stati randomizzati a ricevere ogni giorno gel transdermico con testosterone all’1,62% o gel placebo. “La dose di gel con testosterone è stata aggiustata per mantenere i livelli di ormone tra 350 e 750 ng/dL” spiegano gli autori, che hanno definito come endpoint primario di sicurezza CV la prima occorrenza di uno qualunque degli eventi inclusi nell’endpoint composito di decesso per cause CV, infarto del miocardio non fatale o ictus non fatale, valutati in un’analisi time-to-event.

A conti fatti, a un follow-up medio di 33 mesi e una durata media del trattamento di 21,7 mesi, il trattamento con testosterone è risultato non inferiore al placebo in termini di sicurezza CV. L’endpoint primario si è infatti manifestato nel 7% dei soggetti del gruppo testosterone e nel 7,3% di quelli del gruppo placebo (HR 0,96; P<0,001 per la non-inferiorità). 

Come ricordano gli autori, sono stati osservati risultati simili anche nelle analisi di sensibilità nelle quali si è tenuto conto dell’interruzione del trattamento con testosterone o placebo. 

 

Simili ma non identici

Analizzando più in dettaglio i risultati, si osservano alcune differenze tra i due gruppi di studio in relazione ad alcuni eventi avversi CV. 

L’incidenza di tromboembolismo venoso è risultata più elevata nel gruppo testosterone rispetto al gruppo placebo. “I nostri dati supportano le attuali linee guida sulla necessità di utilizzare con cautela la terapia con testosterone in uomini che hanno già riportato eventi tromboembolici” commentano i ricercatori che, nel gruppo testosterone, hanno osservato anche un numero maggiore di casi di aritmie non fatali che hanno richiesto intervento, fibrillazione atriale e danno renale acuto. “Questi risultati non erano attesi” spiegano, per poi concludere ricordando che, in generale, l’incidenza di eventi avversi resta comunque bassa in questa popolazione.