Ipertensione, clortalidone e idroclorotiazide a confronto diretto
- Elena Riboldi
- Notizie dalla letteratura
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- Clortalidone e idroclorotiazide alle dosi usualmente impiegate nella pratica clinica riducono in modo paragonabile l’incidenza degli eventi cardiovascolari maggiori.
- L’ipocaliemia è più frequente nei pazienti trattati con clortalidone.
Quale diuretico è più efficace per la prevenzione degli eventi cardiovascolari maggiori nei pazienti con ipertensione: il clortalidone o l’idroclorotiazide? In base ai risultati di uno studio pragmatico, i cui risultati sono appena stati pubblicati sul New England Journal of Medicine, non ci sono differenze significative tra i due farmaci. È possibile che il clortalidone sia più efficace nei pazienti con una storia di infarto del miocardio o di ictus, tuttavia, il dato non è conclusivo e necessita di conferma.
Alcuni studi clinici avevano suggerito che il clortalidone fosse superiore all’idroclorotiazide nella prevenzione degli esiti cardiovascolari, ciò però non ha trovato sempre conferma negli studi osservazionali successivi, da cui è anche emersa una maggiore frequenza di effetti avversi (es. squilibrio elettrolitico e danno renale acuto) nei pazienti trattati con il clortalidone. Il Diuretic Comparison Project è stato lanciato proprio per fare chiarezza sulla presunta superiorità del clortalidone sull’idroclorotiazide. Sono stati arruolati 13.523 soggetti di età ≥65 anni assistiti dal Dipartimento degli Affari dei Veterani in trattamento con idroclorotiazide (25/50 mg/die). I pazienti sono stati randomizzati 1:1 per continuare a ricevere l’idroclorotiazide o per passare al trattamento con clortalidone (12,5/25 mg/die). L’esito primario composito dello studio comprendeva infarto del miocardio non fatale, ictus, ricovero per insufficienza cardiaca, rivascolarizzazione coronarica urgente per angina instabile e morte non legata al cancro.
Durante il follow-up (mediana 2,4 anni), l’esito primario ha interessato 702 pazienti (10,4%) del gruppo assegnato al clortalidone e 675 pazienti (10,0%) del gruppo assegnato all’idroclorotiazide. L’incidenza non era significativamente diversa nei due gruppi (HR 1,04 [95%CI 0,94-1,16]; P=0,45). Non c’erano differenze nella frequenza dei singoli componenti dell’esito primario. “C’era un’interazione qualitativa in un sottogruppo predefinito – riferiscono gli autori – Pazienti nel gruppo clortalidone senza storia infarto del miocardio o ictus avevano un rischio di esito primario moderatamente più alto rispetto ai pazienti nel gruppo idroclorotiazide, ma i pazienti con una storia infarto del miocardio o ictus assegnati al clortalidone avevano una un rischio più basso dei pazienti con la stessa storia nel gruppo idroclorotiazide”. Gli autori dello studio rimarcano che, non essendo emerse differenze di rischio tra i gruppi, questa differenza potrebbe essere casuale e va interpretata con cautela.
L’incidenza dell’ipocaliemia era più elevata nel gruppo clortalidone che con l’idroclorotiazide (6,0% contro 4,4%; P<0,001). Inoltre, i pazienti assegnati al clortalidone avevano una probabilità più alta di passare all’altro farmaco o interrompere il trattamento con farmaci tiazidici rispetto ai pazienti assegnati all’idroclorotiazide. Gli autori credono che ciò possa dipendere dal disegno dello studio open-label che ha arruolato esclusivamente pazienti già in trattamento con l’idroclorotiazide. “La nostra ipotesi è che i pazienti assegnati al clortalidone siano stati sottoposti a un numero maggiore di misurazioni del potassio nei primi 6 mesi dalla randomizzazione – scrivono – Il monitoraggio più stretto ha probabilmente portati all’identificazione di un numero maggiore di eventi di ipocaliemia nel gruppo clortalidone”. Questo fatto e la possibile comparsa di nuovi sintomi all’introduzione del nuovo farmaco potrebbe avere spinto gli sperimentatori a ripristinare la terapia pregressa.
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