Integrazione di vitamina D: quanto serve ai bambini?
- Alessia De Chiara
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- L’integrazione di vitamina D3 in bambini tra i 6 e i 13 anni che vivono in aree con elevata prevalenza di deficit di vitamina D non ne ha influenzato crescita, composizione corporea e sviluppo puberale.
In bambini in età scolare con elevata prevalenza di carenza di vitamina D, un’integrazione settimanale di vitamina D3 portata avanti per 3 anni ha aumentato le concentrazioni di 25-idrossivitamina D (25(OH)D) rispetto al placebo, ma non ha avuto influenza su diversi esiti antropometrici o relativi allo sviluppo. È quanto emerge da un nuovo studio pubblicato su JAMA Pediatrics.
In particolare, si è trattato di un’analisi secondaria di uno studio randomizzato di fase 3 condotto presso 18 scuole nella capitale della Mongolia (Ulaanbaator) che ha incluso oltre 8.800 alunni tra i 6 e i 13 anni negativi al test della tubercolosi (QuantiFERON-TB Gold), senza condizioni associate a ipersensibilità alla vitamina D (iperparatiroidismo primario o sarcoidosi) o immunocompromissione (assunzione di farmaci immunosoppressori o terapia citotossica), segni di rachitismo e che non assumevano integratori di vitamina D. I partecipanti, la stragrande maggioranza di etnia khalkha, erano stati randomizzati all’assunzione settimanale per via orale di una pillola contenente vitamina D3 (14.000 IU) o un placebo per 3 anni.
Mentre al basale il 95,5% presentava carenza di vitamina D, al termine dello studio le concentrazioni sieriche medie di 25(OH)D erano pari a 31 ng/ml nel gruppo di trattamento e 10,7 ng/ml nel gruppo placebo (differenza media 20,3) e i livelli erano uguali o superiori a 20 ng/ml rispettivamente nell’89,8% e nel 5,6% dei bambini. Tuttavia, l’integrazione di vitamina D non influenzava l’altezza media e l’indice di massa corporea relativo all’età, il rapporto tra la misura del girovita e l’altezza, la percentuale di grasso corporeo, la massa grassa, la massa magra e il punteggio sulla scala di Tanner (che misura lo stato puberale). Si noti che non si riscontrava alcun impatto né nella popolazione di studio considerata nel complesso, né nei sottogruppi definiti in base alla concentrazione sierica basale di 25(OH)D (inferiore rispetto a uguale o superiore a 10 ng/ml), all’assunzione di calcio stimata (inferiore rispetto a uguale o superiore a 500 mg/giorno) e al genere (maschile rispetto a femminile).
I risultati sono in contrasto con quelli emersi da studi precedenti, condotti dagli stessi ricercatori sempre in Mongolia, nei quali era stato osservato un maggior incremento della statura tra i bambini che avevano integrato la vitamina D rispetto a quelli che avevano preso un placebo. Per gli autori ciò potrebbe derivare dalle differenze relative all’età dei partecipanti e agli outcome analizzati, ma anche dalla più bassa durata di integrazione di vitamina D e follow-up (da 2 a 6 mesi) così come dal minore dosaggio (da 300 a 800 IU al giorno). “Per risolvere questa discordanza sono necessari studi head to head che confrontino direttamente gli effetti di diversi regimi di integrazione di vitamina D sugli esiti antropometrici” scrivono.
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