Imprese dispositivi medici in piazza a Roma, 'con payback fallimento'
- Univadis
- Adnkronos Sanità
Roma, 10 gen. (Adnkronos Salute) - Operatori e lavoratori delle aziende produttrici di dispositivi medici sono in piazza oggi a Roma per chiedere l'abolizione del 'payback sanitario'. "Un meccanismo che per decreto vuol far pagare alle aziende italiane gli sprechi e gli errori delle Regioni incapaci di fare i conti e programmare la loro Sanità. Una cifra di poco inferiore ai 2 miliardi e 200 milioni di euro", afferma in una nota Pmi Sanità. "Questo meccanismo, che non si sa se definire più̀ iniquo o più̀ assurdo - rimarca Gennaro Broya, presidente di Pmi Sanità - se applicato avrà̀ conseguenze economiche e occupazionali gravissime su un settore industriale che vale 16,2 miliardi di euro, conta 4.546 aziende, dà lavoro a 112.534 addetti e garantisce forniture di dispositivi medici di qualità̀ agli ospedali. E quindi salute ai cittadini italiani. Molte, fra le aziende più piccole chiamate indebitamente a pagare le disfunzioni delle Regioni con i loro denari onestamente guadagnati, rischiano il fallimento".
La manifestazione di oggi è la seconda, dopo quella dello scorso 20 dicembre, a essere organizzata da Pmi Sanità. Ricordiamo che i dispositivi medici sono un’infinità di prodotti (qui la definizione del Ministero della Salute) che supportano cure mediche, chirurgiche e preventive di ogni tipo: dal termometro allo stent coronarico, dal cerotto al laser. Un universo di oltre 4 mila aziende, per lo più medio piccole. "Siamo scesi in piazza perché́ dobbiamo assolutamente portare a conoscenza dell’opinione pubblica cosa sta succedendo, è un problema che riguarda tutti", avverte Anna Maria D’Aguì, vicepresidente di Pmi Sanità.
Ma cosa c'è dietro il payback? "Le Regioni che hanno speso in sanità̀ più̀ di quanto programmato (e cioè̀ pi§̀ del 4,4% della loro spesa totale) possono chiedere alle aziende da cui hanno comprato gli indispensabili dispositivi medici di restituire loro una cifra pari al 50% della spesa fatta in eccesso. Cosa c’entrano queste aziende con i conti sanitari sbagliati delle Regioni? - si chiede Pmi Sanità - Niente. Però, avendo avuto la sfortuna di vendere i loro prodotti alla Regione - si badi bene, in seguito a regolari gare pubbliche – si vedono sequestrare il loro legittimo guadagno. Molti si chiedono se non sia qualcosa di molto simile a un’estorsione. Una situazione così assurda da sembrare incredibile. Eppure è vera".
La legge che prevedeva il payback (che in inglese significa rimborso, recupero) fu varata nel 2015, rimanendo silente fino a oggi. "Se ne è però ricordato il governo lo scorso 6 luglio 2022. In questa data un Decreto emanato del ministro della Salute, di concerto con il ministro dell'Economia e delle Finanze - prosegue la nota di Pmi Sanità - ha stabilito che tra il 2015 e il 2018 diverse Regioni hanno speso in sanità̀ molto più̀ di quanto programmato. E che per ripianare, la metà della cifra andava chiesta – non si sa bene perché̀ – alle aziende che glieli hanno venduti: parliamo, come si è detto, della bella cifra di 2,2 miliardi di euro".
Il termine del pagamento era stato fissato per il 15 gennaio 2023. In seguito alle proteste di associazioni di categoria il governo ha ripreso in considerazione il problema, e sembra quasi certo che oggi tale data verrà rinviata. Tuttavia è chiaro che non basta un rinvio. "Un meccanismo così rovinoso, iniquo e direi odioso come il payback sui dispositivi sanitari va semplicemente abolito. Ne va della sopravvivenza di un settore portante dell’economia italiana. Ne va della salute stessa degli italiani. E non ultimo, della credibilità̀ della nostra classe politica” conclude Broya.
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