Immunogenicità e sicurezza del vaccino anti-COVID-19 nei pazienti oncologici in trattamento attivo
- Daniela Ovadia — Agenzia Zoe
- Attualità mediche
Lo studio italiano Vax-On, i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Annals of Onology, dimostrano che vaccinazione anti-COVID-19 e terapie antitumorali sono compatibili. Anche se i pazienti sottoposti a cure oncologiche pochi giorni prima della somministrazione del vaccino Pfizer mRNABNT162b2 (Comirnaty) hanno mostrato una risposta anticorpale ritardata rispetto a chi aveva ricevuto i trattamenti settimane prima, due mesi dopo la seconda dose di vaccino non si osservavano differenze tra i gruppi in termini di sieroconversione e livelli di anticorpi specifici contro SARS-CoV-2.
Il fatto che i pazienti sottoposti a terapie immunosoppressive non siano stati inclusi negli studi che hanno portato all’approvazione dei vaccini contro il COVID-19 ha lasciato nell’incertezza riguardo all’efficacia e alla sicurezza di questi prodotti farmaceutici nei pazienti oncologici in trattamento attivo. Lo studio Vax-On, condotto dal Dipartimento di Oncologia ed Ematologia dell’Ospedale Belcolle di Viterbo, ha preso in esame 366 pazienti con tumore: 285 avevano ricevuto trattamenti nei 28 giorni precedenti la prima somministrazione del vaccino, mentre 81 avevano interrotto la terapia più di 28 giorni prima. All’incirca un paziente su due aveva ricevuto agenti chemioterapici citotossici (48,4%), uno su tre farmaci a bersaglio molecolare (29%), uno su dieci immunoterapia (9,6%) o chemioterapia più un agente biologico (9,6%), infine una piccola minoranza (3,6%) era stata trattata con chemioterapia più immunoterapia. Prima della seconda dose il titolo di IgG e il tasso di sieroconversione erano significativamente più bassi nel gruppo di pazienti in trattamento attivo. Ciò nonostante, a distanza di otto settimane né i livelli di IgG né la percentuale di pazienti andati incontro a sieroconversione erano significativamente diversi nei due gruppi. Il tasso di sieroconversione era aumentato di 15 volte da prima della seconda dose a otto settimane dopo, superando il 90%.
Relativamente alla sicurezza del vaccino, considerando tutti i pazienti inclusi nello studio, gli eventi avversi gravi sono risultati rari. Le reazioni avverse più comuni erano lievi reazioni al sito di iniezione, mentre quelle sistemiche avevano interessato meno del 17% dei casi. È stata riscontrata un’associazione tra gli eventi avversi sistemici e alcune condizioni specifiche: sesso femminile, ECOG performance status 2 (PS2) e utilizzo di G-CSF. L’analisi multivariata ha poi suggerito che PS2 e uso di G-CSF possano associarsi a una ridotta immunogenicità del vaccino.
“Abbiamo confermato in una popolazione numerosa il profilo di sicurezza favorevole del vaccino mRNA-BNT162b2, il che può rassicurare sul mantenimento del trattamento antitumorale attivo per tutta la schedule vaccinale. I pazienti con condizioni specifiche, come sesso femminile e uso di G-CSF andrebbero avvertiti riguardo all’aumentato rischio di effetti collaterali – concludono gli autori dello studio, specificando che – Anche se alcune caratteristiche cliniche sono risultate predittive di ridotta immunogenicità, saranno necessarie ulteriori indagini sperimentali per confermare il loro significato”.
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