Imaging di sorveglianza nel rabdomiosarcoma: può davvero fare la differenza?
- Cristina Ferrario
- Notizie dalla letteratura
I risultati di uno studio monocentrico pubblicati su Pediatric Blood Cancer lasciano ancora spazio al dubbio sulla reale utilità della sorveglianza di routine con imaging in giovani pazienti con rabdomiosarcoma.
“Il rabdomiosrcoma è il più comune sarcoma dei tessuti molli in bambini e adolescenti e, nonostante la sua natura altamente maligna, le terapie disponibili consentono di ottenere risultati significativi in termini di sopravvivenza in caso di malattia localizzata” esordiscono i ricercatori guidati da Michela Casanova, dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano. “Nel 20-30% dei casi, però, i pazienti vanno incontro a recidiva e quando ciò accade gli esiti di risposta sono decisamente scarsi” aggiungono, sottolineando che per cercare di identificare precocemente eventuali recidive, i giovani pazienti vengono sottoposti a programmi di stretta sorveglianza mediante imaging. “L’effettiva utilità di questi programmi è ancora oggetto di dibattito” precisano gli autori, che per cercare di fare chiarezza sul tema hanno portato a termine uno studio retrospettivo su 79 pazienti di età inferiore a 21 anni con malattia inizialmente localizzata e poi recidivata.
In particolare sono stati confrontati gli esiti tra i casi nei quali la recidiva è stata inizialmente sospettata in base a sintomi clinici (n=42) e quelli in cui è stata identificata in seguito a sorveglianza con imaging di routine (n=37). A conti fatti, non sono emerse differenze tra i due gruppi nei tempi alla recidiva: la sopravvivenza generale mediana a 5 anni è stata di 10 mesi e 12,6% nel gruppo con recidiva identificata mediante sintomi clinici e di 11 mesi e 27.5% nel gruppo imaging (p=0,327).
Una differenza significativa in termini di OS mediana in favore dell’imaging è emersa invece tra i pazienti con punteggi prognostici favorevoli (OS a 5 anni 75,0% vs. 33,0%; p=0,047).
“I dati di questo studio dimostrano che è ancora piuttosto difficile stabilire il ruolo e i reali benefici di questa sorveglianza di routine mediante imaging” affermano Casanova e colleghi, convinti che si debba tener conto di questa incertezza alla luce anche dei potenziali effetti collaterali legati alla frequente esposizione dei pazienti a tali esami di controllo.
“Servono altri studi, nuove terapie più efficaci e nuove ricerche su profili di DNA/RNA dei casi di rabdomiosarcoma anche alla ricerca di nuovi marcatori di malattia e di dati sull’utilità della biopsia liquida per questi pazienti” concludono.
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