I nuovi antivirali in pillola contro Covid-19 alla prova del mondo reale
- Daniela Ovadia — Agenzia Zoe
- Attualità mediche
“È la stagione degli antivirali. In meno di un mese, due farmaci antivirali – ambedue sotto forma di pillola – hanno dimostrato di essere in grado di ridurre i ricoveri per Covid-19 e la mortalità in trial clinici su persone trattate appena dopo l’infezione”. Così afferma un articolo sul sito della rivista Nature, generalmente piuttosto parca nel sostenere con eccessivo entusiasmo l’introduzione di nuove terapie.
Eppure, se i dati delle sperimentazioni saranno confermati, cambierà davvero qualcosa nella gestione di questa pandemia. Il 4 novembre scorso, infatti, la Gran Bretagna ha approvato (primo Paese al mondo) il monlupinavir (sviluppato da Merck) che nei trial clinici ha ridotto di metà i ricoveri in persone con Covid-19 da lieve a moderato.
Il giorno dopo è stato il turno di Pfizer che ha annunciato che il suo farmaco, Paxlovid, riduce i ricoveri addirittura dell’89 per cento.
Non è difficile capire perché c’è molta attesa riguardo alla replicabilità dei risultati ottenuti in fase di sperimentazione: gli antivirali finora disponibili sono costosi e richiedono una gestione ospedaliera, mentre questi sembrano efficaci e sono somministrabili per via orale al domicilio.
Ignota la finestra di efficacia
Per ora i dati di efficacia provengono per lo più da comunicati stampa. Il punto più critico riguarda la somministrazione precoce, perché i tempi della diagnosi e della somministrazione, nel mondo reale, potrebbero essere più lunghi rispetto ai trial e non è nota la finestra temporale di efficacia. Inoltre gli studi condotti finora, dato il numero esiguo di pazienti coinvolti, non hanno dato informazioni definitive sulla riduzione della mortalità.
Gli esperti si interrogano anche sulla capacità di questi farmaci di ridurre la carica virale e quindi la contagiosità. Se così fosse, la combinazione del vaccino e della somministrazione precoce in caso di positività potrebbe davvero ridurre la circolazione virale.
Si attendono anche maggiori dati sugli effetti collaterali. Le aziende hanno dichiarato che si tratta di farmaci sicuri, ma alcune caratteristiche biologiche richiedono maggiori cautele.
Molnupiravir introduce mutazioni nel genoma virale durante la replicazione e un suo metabolita viene incorporato nel genoma virale grazie a una RNA polimerasi RNA-dipendente. Benché le cellule umane abbiano un DNA, in alcuni esperimenti di laboratorio monlupinavir ha interferito anche con la sua replicazione. La terapia ha una durata molto breve ma potrebbe, per precauzione, essere vietata nelle donne in gravidanza o nei bambini, riducendone l'impatto sull'andamento dell'epidemia.
Paxlovid inibisce un enzima necessario alla sintesi di alcune proteine virali ed è una combinazione di un antivirale e di ritonavir, che evita la metabolizzazione dell’antivirale da parte degli enzimi epatici. Ritonavir è usato nella cura dell’HIV e influenza il metabolismo di un gran numero di farmaci (inclusi molti farmaci usati per la cura di comuni malattie croniche). Anche in questo caso potrebbero esserci delle limitazioni all’uso.
Varianti e costi
I produttori devono inoltre ancora dimostrare con certezza che ambedue i farmaci sono efficaci nei confronti delle varianti più preoccupanti, inclusa la Delta. Infine molti farmaci antivirali inducono resistenze e sia la numerosità sia la durata dei trial clinici non consentono, al momento, di escludere che accada anche con questi.
Chi avrà accesso a questi farmaci e quanto costeranno? Non è ancora dato saperlo, poiché non sono ancora in commercio, ma Merck ha promesso di fornire le licenze necessarie a produrre molnupiravir nei paesi a basso e medio reddito attraverso la collaborazione (già iniziata) con alcuni produttori di generici. Analoghe trattative sono in corso anche con Pfizer, con l’intenzione di calmierare il prezzo in modo che si accessibile a tutti i Paesi ed di evitare ciò che è successo con i vaccini a mRNA.
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