I colpi di testa dei calciatori (e non si parla di gossip)
- Elena Riboldi
- Uniflash
Si sa che i traumi cranici importanti sono un fattore di rischio per la demenza, ma ciò è vero anche per traumatismi al capo subconcussivi come quelli che sperimentano i calciatori colpendo la palla di testa? Alcuni ricercatori hanno esplorato l’associazione tra colpi di testa e declino cognitivo nei giocatori di calcio professionisti inglesi. Stando all’analisi presentata sulla rivista JAMA Network Open, i giocatori che colpiscono più frequentemente la palla con la testa durante le partite o gli allenamenti hanno un rischio aumentato di vedere le proprie capacità cognitive deteriorarsi più avanti nella vita.
Circa tre volte più alto
Lo studio, sponsorizzato dalla Football Association e dalla Professional Footballers Association, ha preso in esame un gruppo di ex giocatori di calcio professionisti nati tra il 1936 e il 1976. Tramite questionario è stato chiesto loro quante volte colpissero la palla con la testa durante una partita o una sessione di allenamento: da 0 a 6, da 6 a 15 o più di 15. Altre domande riguardavano il ruolo in campo, la durata della carriera, le eventuali concussioni cerebrali subite mentre giocavano a calcio e l’eventuale diagnosi di demenza /malattia di Alzheimer da parte di un medico. I ricercatori hanno quindi valutato lo status cognitivo del soggetto tramite intervista telefonica.
Il questionario è stato completato da 468 ex giocatori (età media 64 anni), 459 dei quali hanno risposto alla domanda sulla frequenza usuale dei colpi di testa. Il 24,8% ha risposto 0-5 volte, il 40,3% 6-15 volte e il 34,9% >15 volte per singola partita. Le percentuali erano 27,2% (0-5), 37,9% (6-15) e 34,9% (>15) per sessione di allenamento.
La prevalenza del declino cognitivo era 9,78% nel gruppo 0-5 volte, 14,78% nel gruppo 6-15 volte e 15,2% nel gruppo <15 volte per partita. Rispetto ai giocatori che avevano riferito di giocare meno di testa il rischio di declino cognitivo era 2,71 volte più alto per chi lo faceva più frequentemente e 3,53 per chi lo faceva molto spesso. Se si considerava la frequenza dei colpi di testa negli allenamenti, il rischio aumentava di 2,38 volte nel gruppo 6-15 e 3,40 nel gruppo >15. Per chi aveva subito concussioni cerebrali con perdita di memoria il rischio di declino cognitivo aumentava di 3,16 volte.
Difensori e limiti
“I risultati di questo studio trasversale suggeriscono che colpire di testa ripetutamente è un fattore di rischio per il declino cognitivo e la demenza autoriferita negli ex calciatori del Regno Unito. Abbiamo visto anche che il rischio di declino cognitivo tendeva ad aumentare in sequenza da portiere a centrocampista, attaccante e difensore, anche se il trend non era statisticamente significativo” scrivono gli autori dello studio, aggiungendo che uno studio precedente aveva già suggerito che i difensori fossero la categoria più a rischio.
Peter Ueda, professore di epidemiologia del Karolinska Institutet, in un commentario analizza i limiti dello studio. La popolazione contattata è quella che aveva accettato di partecipare a uno studio sul dolore al ginocchio, solo una piccola frazione dei potenziali partecipanti (oltre 4.700). Le persone con declino cognitivo potevano essere meno propense ad accettare di rispondere al questionario o sottoporsi all’intervista telefonica e potevano essere meno abili nello stimare la frequenza dei colpi di testa. Solo 44 partecipanti avevano un deficit cognitivo, per cui gli intervalli di confidenza delle stime di rischio erano molto ampi. Mancavano informazioni sulla forza con cui veniva colpita la palla.
“Serviranno altri studi sull’associazione (e la sua possibile dimensione) tra colpire la palla di testa e funzione cognitiva, non solo rispetto alla frequenza delle testate ma anche del carico complessivo per forza e tipo di colpo” scrive Ueda. Capire se e come è possibile mitigare questo rischio sarà ulteriore oggetto di ricerca e, probabilmente, di dibattito.
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