Ha senso uno screening per l’aterosclerosi delle coronarie?

  • Elena Riboldi
  • Uniflash
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Uno studio condotto su un campione di quasi 10.000 persone senza cardiopatia ischemica nota rivela che più della metà degli uomini e un terzo delle donne presenta aterosclerosi subclinica delle coronarie. In un caso su dieci si tratta di aterosclerosi ostruttiva, una condizione che comporta un amento di 8 volte e più del rischio di andare incontro a un infarto del miocardio. Questi nuovi dati, pubblicati sulla rivista Annals of Internal Medicine, aprono il dibattito sull’opportunità di uno screening per l’aterosclerosi che permetta di individuare i soggetti maggiormente bisognosi di interventi preventivi.

 

Lo studio danese CGPS

Lo studio di coorte CGPS (Copenhagen General Population Study) ha arruolato 9.533 cittadini danesi di età ≥40 anni. Non erano eleggibili i soggetti con una storia di cardiopatia ischemica, ovvero coloro che avevano avuto una diagnosi di infarto, avevano subito un’angioplastica o a un bypass delle coronarie oppure erano stati ricoverati per sospetta angina instabile. Dopo avere compilato un questionario sulla storia medica e sullo status socio-economico, i partecipanti sono stati sottoposti ad alcuni esami per l’identificazione dei più importanti fattori di rischio cardiovascolare (obesità, ipertensione, iperlipidemia) e a una TC coronarica (TAC). L’eventuale aterosclerosi è stata classificata come ostruttiva (≥50% stenosi luminale)/non ostruttiva e come estesa (≥1/3 dell’albero)/non estesa. Né il paziente né il suo medico curante sono stati messi a conoscenza dell’esito della TC. L’outcome primario dello studio era l’infarto del miocardio, l’esito secondario composito comprendeva morte e infarto. Il follow-up medio è stato di 3,5 anni.

 

Il reale impatto dell’aterosclerosi subclinica

Il 46% dei partecipanti presentava aterosclerosi subclinica, il 36% non ostruttiva e il 10% ostruttiva. Nel periodo di follow-up si sono verificati 193 decessi (2,7% della coorte) e 71 infarti del miocardio (0,7%). Il rischio di infarto aumentava di 9 volte per i soggetti con aterosclerosi ostruttiva (RR 9,19 [95%CI 4,49-18,11]) e di oltre 7 volte per i soggetti con aterosclerosi estesa (RR 7,65 [3,53-16,57]) rispetto a quello di coetanei dello stesso sesso che avevano gli stessi fattori di rischio e assumevano gli stessi farmaci.

In presenza di aterosclerosi ostruttiva non estesa il rischio aumentava di 8 volte (RR 8,28 [3,75-18,32]), mentre in caso di aterosclerosi ostruttiva estesa l’aumento di rischio superava le 12 volte (RR 12,48 [5,50-16,57]). Il rischio per l’esito composito aumentava di circa 3 volte nei soggetti con aterosclerosi estesa, indipendentemente dal fatto che fosse ostruttiva o non ostruttiva.

 

Perché questo studio è così importante

“Gli studi di coorte osservazionali e i trial randomizzati controllati su pazienti sintomatici hanno segnalato l’utilità dell’angio-TC coronarica nella previsione degli eventi cardiaci futuri e hanno mostrato che è notevolmente superiore ai test funzionali. Tuttavia, questi dati sono limitati dal fatto che i risultati dell’esame sono noti sial al paziente che al medico – spiegano in un editoriale Michael McDermott e David E. Newby del BHF Centre for Cardiovascular Science di Edinburgo – L’identificazione della coronaropatia inevitabilmente modifica i comportamenti e porta alla prescrizione di terapie modificanti la malattia, come le statine, e ciò finisce coll’attenuare la stima del rischio futuro”. Nello studio danese questo bias è stato eliminato grazie al design in cieco. “Questo studio eccezionale fornisce un benchmark su cui misurare la storia naturale della malattia coronarica. Fornisce anche dati inestimabili circa i tassi degli eventi e la prevalenza della coronaropatia asintomatica, utili per le strategie di prevenzione della salute pubblica e per gli studi clinici in corso che stanno valutando le terapie preventive in persone sottoposte a screening per coronaropatia occulta, come lo studio DANE-HEART e lo studio SCOT-HEART 2” proseguono gli autori dell’editoriale, coinvolti in quest’ultimo trial. Queste ricerche serviranno a comprendere se lo screening per l’aterosclerosi coronarica subclinica offre davvero dei benefici clinici.