Guerra e cancro: riflessioni oltre i confini di tempo e spazio

  • Daniela Ovadia — Agenzia Zoe
  • Attualità mediche
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Quattro mesi di conflitto si tradurranno in 3.600 morti oncologiche in eccesso nei prossimi anni. Sono le stime relative al conflitto in Ucraina recentemente pubblicate sulla rivista JCO Global Oncology in un articolo di riflessione sul legame tra guerra e cancro scritto a più mani da un panel internazionale di esperti.

Come affermano gli autori, guerra e cancro sono strettamente legati. Lo dicono innanzitutto i dati storici: nella seconda guerra mondiale dopo le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki sono aumentati i casi di cancro, così come dopo la guerra in Vietnam si sono registrati incrementi delle diagnosi oncologiche (per esempio tumori di testa-collo, esofago, tiroide e stomaco) probabilmente legate all’uso dell’erbicida chiamato “agente arancio” e contenente diossina.

Ma non è tutto. La guerra aumenta il rischio per i pazienti oncologici anche in modo indiretto limitando il loro accesso alle strutture di cura, ritardando gli esami di screening e riducendo di conseguenza le diagnosi precoci o posticipando interventi chirurgici e terapie.

“Stando ai dati oggi disponibili, 4 settimane di ritardo nelle procedure chirurgiche oncologiche portano a un incremento del rischio di decesso che raggiunge l’8%. Un ritardo di tre mesi nella chirurgia per tumore del seno si associa a un aumento della mortalità pari al 26%” scrivono gli esperti, ricordando che lo scenario è simile per altri tumori e per altre procedure diverse dalla chirurgia (terapie, esami di screening, eccetera).

Di fronte a questi numeri, la comunità internazionale si interroga sulla situazione in Ucraina e sulle conseguenze che il conflitto potrà avere sui pazienti oncologici.

Sin dall’inizio dei combattimenti, milioni di persone hanno lasciato il paese e chi è rimasto deve fare i conti con un sistema sanitario inevitabilmente danneggiato se non distrutto dalla guerra. Molti dei circa 1.500 pazienti oncologici pediatrici sono stati trasferiti in altre nazioni per poter continuare i trattamenti, mentre per la maggior parte dei pazienti adulti questo non è stato possibile e, inoltre, per queste persone le necessità di sopravvivenza quotidiana rischiano di mettere un eventuale malattia oncologica in secondo piano.

Da qui l’eccesso di morti oncologiche, stimato dagli autori dell’articolo in circa 3.600 decessi nei prossimi anni, senza contare il fatto che anche tutta la struttura di ricerca oncologica è in stallo a causa del conflitto.

“L’attenzione e la consapevolezza della comunità internazionale sul conflitto e le sue conseguenze potrebbe aiutare le persone coinvolte nel conflitto a mantenere intatta la possibilità di accedere alle diagnosi e ai trattamenti ottimali” concludono i ricercatori.