Giornata epilessia, appello neurologi per 'accesso omogeneo alle cure'
- Univadis
- Adnkronos Sanità
Milano, 13 feb. (Adnkronos Salute) - "E' necessario che le politiche sanitarie operino per garantire un omogeneo accesso alle cure" per l'epilessia "con modelli assistenziali uniformi in tutto il territorio nazionale, e combattano lo stigma e la discriminazione delle persone affette" dalla malattia "attuando percorsi di formazione per operatori sanitari e didattico-informativi per familiari/caregiver e altre figure presenti nella vita dei pazienti, come per esempio in ambiente scolastico e lavorativo". E' l'appello di Alfredo Berardelli, presidente della Società italiana di neurologia (Sin), in occasione della Giornata internazionale dell'epilessia che si celebra oggi, 13 febbraio.
L'epilessia - ricorda la Sin - è una delle più diffuse condizioni neurologiche croniche che può comparire a tutte le età, anche se ha picchi di comparsa in età infantile e negli anziani. Nei Paesi più industrializzati ne soffre l'1% circa della popolazione, mentre nei Paesi a basso reddito la patologia sembra ancora più diffusa. Nel mondo si stima che vivano circa 50 milioni di persone con epilessia, di cui 500mila-600mila in Italia. La maggior parte delle forme di malattia è gestibile con successo grazie alla terapia farmacologica che oggi si avvale di molti prodotti - circa 30 - che curano le crisi epilettiche con diversi meccanismi di azione e che in genere hanno un buon profilo di efficacia e tollerabilità, soprattutto quelli più recenti. Purtroppo, però, circa un terzo dei pazienti continua a presentare crisi epilettiche nonostante i farmaci: in questo caso si parla di farmacoresistenza, i cui meccanismi biologico-molecolari a tutt'oggi non sono ancora perfettamente noti.
"L'epilessia, soprattutto quando è farmacoresistente, costituisce un vero e proprio imperativo di salute pubblica - spiega Giancarlo Di Gennaro, direttore Uo Centro per la Chirurgia dell'epilessia Irccs Neuromed, Pozzilli (Isernia), coordinatore Gruppo di studio epilessia Sin - Basti pensare che è considerata una malattia sociale fin dal 1965. L'impatto negativo sulla qualità della vita è dato non solo dal fatto che le crisi si presentano improvvisamente e imprevedibilmente, comportando molto spesso perdita di coscienza con conseguente grande vulnerabilità in termini fisici e psicologici, ma anche perché possono associarsi ad altre condizioni mediche, disturbi cognitivi e disagio psicologico, e ciò la porta a essere considerata una sorta di 'malattia sistemica'".
Quando l'epilessia farmacoresistente è di tipo focale, ossia causata da un processo epilettogeno che interessa non tutta la corteccia cerebrale, ma solo una regione limitata che non è sede di funzioni importanti, per i neurologi "è imperativo valutare l'opportunità di un trattamento chirurgico. La chirurgia dell'epilessia - precisano - viene consigliata dopo un'accurata valutazione e consiste nella rimozione dell'area di corteccia cerebrale responsabile delle crisi. Questa opzione terapeutica, da utilizzare in casi ben selezionati, è sostanzialmente sicura e molto efficace. Nei casi non operabili è anche possibile proporre trattamenti di neuromodulazione (per esempio stimolazione vagale o cerebrale profonda) che, pur non risolvendo le crisi, possono ridurne intensità e frequenza in maniera significativa".
Proprio a causa della pervasività dell'epilessia in svariati ambiti della vita, nonché per lo stigma e il pregiudizio che ancora circondano questa malattia per la quale, soprattutto nei Paesi a basso reddito, non esiste un accesso omogeneo alle cure - evidenzia la Sin - l'Organizzazione mondiale della sanità ha attivato l'Intersectoral Global Action Plan (Igap) on Epilepsy and Other Neurological Disorders 2022-2031. Si tratta di un piano decennale dove l'epilessia riceve specifica attenzione e che si pone precisi obiettivi strategici: rendere la gestione di questa patologia prioritaria nelle politiche sanitarie nazionali, fornire diagnosi tempestive e terapie efficaci, attuare strategie di prevenzione, favorire la ricerca e innovazione e rafforzare un approccio di salute pubblica.
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